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Il Padrino di Mosca e il suo underboss a Washington
di Cinzia Sciuto
Venerdì scorso a Washington abbiamo assistito in mondovisione allo spettacolo del nuovo ordine mondiale: un mondo di boss mafiosi che si spartiscono il territorio, con i piccoli che cercano disperatamente di non farsi divorare. La scena è quella che conosciamo fin troppo bene: il boss Trump, insieme al suo fedele scagnozzo Vance (che, come spesso accade per gli scagnozzi, è ancora più feroce del suo boss) riceve il presidente dell’Ucraina Zelensky, il quale, forse ingenuamente, spera ancora di poter convincere gli Usa a continuare a sostenere la resistenza del suo paese che da tre anni si oppone all’aggressione russa. Invece, si ritrova in quello che Tom Nichols su The Atlantic ha definito un vero e proprio agguato: Trump e Vance lo "circondano" e lo incalzano, senza lasciargli neanche il tempo di rispondere. "Ingrato", gli dicono. "Irrispettoso". Perché? Perché non capisce che, nel codice mafioso, i favori si devono ricambiare, e a quanto pare Zelensky non è abbastanza servile per i gusti di Trump e del suo vice J.D. Vance.
Le scene che hanno fatto il giro del mondo sono gli ultimi dieci minuti circa di un incontro che era iniziato mezz'ora prima in modo apparentemente cordiale (qui il video integrale). Ma la tensione è diventata palpabile dopo pochi minuti, quando si è iniziato a capire il senso di quell'incontro: Zelensky non è stato invitato per discutere del futuro dell'Ucraina, ma per firmare un accordo già scritto in tutte le sue parti. L'intero incontro è stato dominato dall'arroganza di Trump, che ha mantenuto un tipico atteggiamento mafioso anche nei confronti dei giornalisti presenti, elogiando quelli che facevano domande compiacenti e sminuendo, quando non umiliando, quelli che provavano a essere critici.
In questo nuovo ordine mafioso mondiale a farla da padrone però, attenzione, non è Trump, ma Putin. È lui il "Padrino". Trump si sta comportando come un efficiente underboss che riesce a mettere in riga chi recalcitra. La proposta di “pace” di Trump infatti non è altro che l’accettazione totale e senza condizioni di tutte, tutte, le pretese di Putin. E allora viene il sospetto che il piccolo boss Trump abbia qualche conto in sospeso con Putin, che debba ricambiargli qualche favore. Per esempio la spintarella durante la campagna elettorale del 2016? Non siamo soliti in queste pagine cedere alla tentazione del “complotto”, ma non mi sorprenderebbe affatto se prima o poi si scoprisse qualche elemento di vero e proprio ricatto che Putin ha in mano nei confronti di Trump, qualcosa che rende il boss di Mar-a-Lago così accondiscendente verso il Padrino di Mosca.
Trump sta tentando di capovolgere completamente la realtà. Indicando Zelensky come colui che ha iniziato la guerra (sic!) e come colui che non vuole la pace (sic!), quando Zelensky firmerebbe un trattato di pace domani mattina, a due condizioni: ripristinare l’integrità territoriale dell’Ucraina; avere garanzie sulla sicurezza futura del paese. Ma guarda te, che condizioni bizzarre per un paese aggredito e invaso in violazione di qualunque norma di diritto internazionale. In questo racconto del mondo alla rovescia, a volere la “pace” sarebbe Putin. Ma, come ha scritto il Kyiv Independent nel suo editoriale del 1° marzo, "Putin non vuole la pace. Putin vuole l'Ucraina".
E l’Europa? Di fronte a strutture di carattere mafioso si può reagire in due modi: entrando nella logica mafiosa dei clan e cercando di contrapporre boss a boss. Oppure rifiutando la logica mafiosa e ripristinando l’unica logica capace di contrapporsi a essa, la logica della legalità, in questo caso internazionale. L’Europa non ha, e non deve avere, un padrino da contrapporre a Putin e Trump. Il punto è spezzare questa logica mafiosa. Il punto è ricostruire un ordine basato sul diritto internazionale, quell’ordine che Putin ha violato almeno dal 2014, quando ha preso la Crimea mentre il mondo guardava altrove e continuava a fare affari con lui. È stato lì, forse, l’errore più grande della comunità internazionale in generale, e dell’Europa in particolare: non intervenire subito, non fermarlo allora. L'incontro di ieri a Londra dà qualche speranza che l'Europa - anche se ahimè in ordine sparso - si stia muovendo in questa direzione. Nella conferenza stampa di chiusura del vertice, il primo ministro britannico Starmer che lo ospitava ha sottolineato che l'obiettivo deve essere quello di arrivare al tavolo del negoziato con una Ucraina forte e che le garanzie di sicurezza militare dell'Ucraina sono condizione sine qua non: Putin ha già dimostrato che una Ucraina indifesa è una Ucraina vulnerabile alla sua aggressione. E la sicurezza dell'Ucraina coincide con la sicurezza dell'Europa.
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