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L’inspiegabile infatuazione della sinistra per un papa reazionario e misogino
di Cinzia Sciuto
Lo confesso, ho sempre seguito con un misto di sorpresa e incredulità la folgorazione mistica che ha colpito il mondo laico e progressista in questi dodici anni di pontificato di papa Francesco. Non c’è dubbio che dopo il “pastore tedesco”– come il Manifesto definì Ratzinger in uno dei suoi titoli più riusciti di sempre – Bergoglio, l’uomo venuto dalla fine del mondo, ha portato una ventata d’aria nuova in Vaticano. Gesti semplici, comunicazione diretta, scarsa attenzione alle forme, atteggiamento pastorale e poco dottrinale hanno ammaliato milioni di persone, credenti e non. Ma il passo dalla simpatia per la persona alla venerazione è stato incredibilmente breve.
Abbandonati i propri riferimenti ideologici, orfani di leader credibili, molti a sinistra hanno finito per aggrapparsi alla tonaca bianca di Bergoglio come a un salvagente. Lo hanno fatto in nome di una supposta “rottura”, di una svolta umanista, di una carica etica che ha toccato cuori e coscienze. Ma che, a guardare con attenzione, è stata in larghissima parte pura retorica comunicativa e scarsissima sostanza. E soprattutto: la folgorazione a sinistra è stata possibile grazie a un sistematico strabismo, che ha enfatizzato al massimo le posizioni di Bergoglio su poveri, migranti, guerra, ambiente – tutti temi su cui, per la verità, Francesco è in perfetta continuità con la dottrina sociale della Chiesa, salvo forse per l’enfasi sui temi ambientali – mentre ha sistematicamente minimizzato tutte le posizioni di Francesco su tutta una serie di altri temi sui quali – a differenza dei precedenti – l’azione di un papa sinceramente riformatore avrebbe potuto incidere in maniera decisiva: il ruolo delle donne nella Chiesa, la questione del celibato e della formazione dei preti nei seminari (che un ruolo così cruciale ha nel fenomeno della pedofilia ecclesiastica), il tema delle persone LGBT (accolte sì, ma mai riconosciute nella loro piena soggettività: ancora oggi il Catechismo della Chiesa cattolica definisce l’omosessualità una inclinazione “oggettivamente disordinata”).
Senza tanti giri di parole, papa Francesco è stato un papa profondamente reazionario e misogino. È il papa che ha più e più volte in questi dodici anni definito l’aborto un omicidio e chi lo esegue un sicario, che ha espresso se non condivisione certamente comprensione per chi ha perpetrato la strage della redazione di Charlie Hebdo, che ha siglato dichiarazioni di comunanza ideologica con esponenti fra i più reazionari del mondo. E che non ha esitato a prendere carta e penna per il tramite della Segreteria di Stato vaticana quando in Italia si stava tentando di approvare il ddl Zan, appellandosi ai doveri dello Stato italiano in base al concordato.
E sì, lo sappiamo, il papa fa il papa. Ma questa frase, ripetuta ogni volta che si sottolineano gli elementi scarsamente progressisti (per usare un eufemismo) del pontificato di Bergoglio, o vale sempre o non vale mai: il papa fa il papa anche quando invoca la pace o l’accoglienza dei migranti, eppure in questi casi diventa improvvisamente anche leader politico. Insomma, cari amici di sinistra, non possiamo fare cherry picking sul papa e tenerci solo quello che ci aggrada. Perché la cornice ideologia complessiva nella quale le singole posizioni sono inserite conta, e dà il senso a quelle posizioni. In altre parole: un papa forse ambientalista ma misogino non può essere un faro della sinistra. Almeno di una sinistra illuminista.
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