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Il Contrappunto di Cinzia Sciuto
Diritto o barbarie
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Diritto o barbarie

Il 7 giugno in piazza per fermare il piano criminale di Netanyahu e difendere la legalità internazionale.
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Il Contrappunto è la rubrica sull’attualità della direttrice di MicroMega Cinzia Sciuto. Questo contenuto è gratuito. Sul nostro sito trovi molti altri approfondimenti riservati agli abbonati. Puoi leggerli a partire da 4,90 al mese. Scegli il piano più adatto a te per non perderli.

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Diritto o barbarie
di Cinzia Sciuto

Ormai è palese che il governo Netanyahu stia perseguendo, con determinazione e senza più neanche nasconderlo, un disegno che ha come obiettivo l’annientamento del popolo palestinese. Un progetto che va fermato, e per questo scendiamo in piazza il 7 giugno. Ma non lo facciamo solo per Gaza, lo facciamo anche per noi stessi. Perché quando si calpesta il diritto internazionale, quando si smantella sistematicamente l’ordinamento giuridico che dovrebbe limitare l’arbitrio dei più forti, si mina alla radice ogni garanzia per chiunque. Perché la legalità, come diceva Václav Havel, è il potere dei senza potere. Anche quella internazionale.

E a indebolire il diritto internazionale non è solo chi lo viola direttamente, ma anche chi ne legittima indirettamente la violazione e chi ne mina l’autorevolezza. È quello che pressoché tutti i governi occidentali hanno fatto fino a poche settimane fa. Solo negli ultimi giorni, con estrema lentezza e malcelata riluttanza, alcuni leader politici dei paesi occidentali hanno iniziato a modificare il proprio atteggiamento nei confronti dell’offensiva israeliana a Gaza. Un cambiamento che non nasce certo da un ritrovato rispetto per il diritto internazionale, ma che è il risultato dell’impossibilità di continuare a negare l’evidenza.

Negli ultimi mesi Netanyahu ha bloccato per settimane l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza, portando la popolazione allo stremo. E negli ultimi giorni ha attivato un sistema di distribuzione degli aiuti non solo insufficiente, ma che sembra costruito in modo da servire gli obiettivi strategici del governo: concentrare la popolazione palestinese nel sud della Striscia, vicino al valico di Rafah. I centri di distribuzione infatti sono pochissimi e si trovano quasi esclusivamente in quell’area; solo uno è presente nella zona centrale della Striscia, mentre il nord resta sprovvisto. Un meccanismo nel quale non sono gli aiuti a raggiungere le persone, ma sono le persone a doversi muovere verso gli aiuti, anche a costo di decine di chilometri a piedi ogni giorno (e decine e decine di morti). Il cibo viene così trasformato in una trappola: una sorta di esca, utile a spingere la popolazione palestinese verso le aree designate dal governo israeliano per il trasferimento forzato in perfetta coerenza con il progetto di questo governo.

Un progetto, è bene ricordarlo, che non nasce il 7 ottobre 2023. Il massacro compiuto da Hamas è stato solo il pretesto perfetto: una barbarie talmente disumana da far ritenere che la comunità internazionale avrebbe voltato lo sguardo altrove di fronte alla reazione di Israele. Ed è esattamente ciò che è accaduto per oltre seicento giorni. In maniera più o meno consapevole, si è fornito sostegno - politico, militare, ideologico - non alla sicurezza di Israele, ma a un preciso progetto che mira al sistematico annientamento del popolo palestinese, al fine di realizzare l’obiettivo storico dell’estrema destra israeliana: il cosiddetto “Grande Israele”.

Che il sostegno internazionale a questo progetto stia iniziando a venire meno è una buona notizia, alla quale si spera seguano dei fatti. La sospensione degli aiuti militari a Israele (che abbiamo invocato fin dall’anno scorso) e l’imposizione di sanzioni non si configurano più come scelte politiche: si tratta (lo sta iniziando a capire anche il governo tedesco) di un obbligo giuridico derivante dalla sottoscrizione di convenzioni e trattati internazionali.

La piazza di sabato – che speriamo numerosa e priva di qualunque ambiguità – può essere l’inizio di una nuova stagione che metta al centro il rispetto della legalità internazionale da parte di tutti.


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