Sabato 15 marzo anche MicroMega sarà in piazza. La manifestazione proposta da Michele Serra ha suscitato un’adesione spontanea e ampia, seguita però da una raffica di distinguo e prese di distanza. Il motivo? La paura che quella piazza sia schiacciata su un sostegno acritico all’attuale assetto dell’Unione europea.
“Non vogliamo questa Europa”, si dice. Bene. Ma non è certo picconando questa Europa che ne potremo costruire una migliore. È invece da questa Europa che possiamo e dobbiamo partire per costruire quella che vogliamo. Un’Europa di pace, giustizia e libertà. Tre parole inscindibili, perché non c’è vera pace senza giustizia e libertà. Una pace senza giustizia è la “pace” dei regimi autoritari, dove il dissenso è schiacciato e dove vige la legge del più forte.
Nel Consiglio europeo di giovedì scorso si è deciso di investire 800 miliardi nella difesa. È quello di cui abbiamo bisogno? Non c’è chi non veda che – soprattutto alla luce della nuova posizione statunitense che ha espressamente dichiarato di volersi disimpegnare dallo scenario europeo – l’Unione europea ha una assoluta necessità di rafforzare la propria capacità di deterrenza militare, deterrenza che finora è stata assicurata dalla salda alleanza con gli Usa tramite la Nato. Sarebbe l’occasione ideale per intraprendere finalmente la strada verso un esercito comune, che superi gli eserciti nazionali. Da questo punto di vista il piano Von der Leyen, che punta tutto sul dare la possibilità ai singoli paesi di indebitarsi per aumentare le spese militari nazionali, pare purtroppo un’occasione mancata.
L’idea di un esercito europeo era già nel Manifesto di Ventotene, e il suo scopo era superare i nazionalismi. Ingrossare gli eserciti nazionali significa invece potenzialmente gettare le basi per nuovi conflitti interni. Una prospettiva che oggi ci sembra impossibile, ma sono solo ottant’anni che popoli che oggi convivono pacificamente dentro l'Ue hanno smesso di farsi la guerra fra di loro: non dimentichiamolo.
L’Europa per cui scendiamo in piazza è un’Europa che difende la pace e il suo modello di Stato sociale, che è la sua vera ricchezza e che è sotto attacco da più parti, inclusi molti governi europei, per non parlare delle lobby che lavorano a Bruxelles. Ed è l’Europa che si fa paladina del diritto internazionale. Un diritto internazionale progressivamente minato negli scorsi anni: da Putin, da Netanyahu, dagli Stati Uniti. Ma purtroppo anche da alcuni leader europei che, per esempio, che hanno più volte dichiarato che non farebbero eseguire il mandato di cattura internazionale spiccato dalla Corte penale internazionale contro Netanyahu. Così, dichiarando implicitamente che il diritto internazionale vale solo quando fa comodo, che è la negazione di ogni principio di legalità.
E no, un ordine mondiale fondato sul diritto internazionale non è una utopia da anime belle. È l’unica speranza di sostituire la legge del più forte con regole condivise. Esattamente come è accaduto a livello nazionale, dove faticosamente abbiamo raggiunto un metodo per governare i conflitti non con la forza ma con il diritto. “La legalità è il potere dei senza potere”, diceva Václav Havel. Senza legalità resta solo la forza bruta.
Sta a noi fare in modo che la piazza del 15 marzo non sia schiacciata sulle posizioni di Von der Leyen e di chi vuole riarmare gli eserciti nazionali (fra i quali c’è anche – per dire – quello ungherese di Victor Orbán che di aiutare l’Ucraina non ne vuole proprio sapere), ma che al contrario sia una piazza che urli la necessità di un’Europa più unita e più forte per essere più capace di difendere pace, giustizia e libertà.
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