Paolo Flores d'Arcais: Utopie, lotte illusioni
Un estratto dal volume 3/2024 di MicroMega in tutte le librerie.
L’utopia non ha avuto una grande fortuna nella tradizione del pensiero politico che si rifà a Marx. Eppure è fuor di dubbio che sono proprio i sogni, le utopie, a scaldare i cuori e a far muovere le masse. Ma come assicurarsi che questi sogni, queste utopie non siano vuote illusioni? Se lo chiede Paolo Flores d’Arcais nel saggio che apre il volume 2/2024 di MicroMega e di cui qui condividiamo un breve estratto.
Utopie, lotte illusioni
di Paolo Flores d’Arcais
Politicamente sono nato e cresciuto in una sinistra, quella del marxismo eretico e del comunismo luxemburghiano, trotzkista, anarchicheggiante, che ha sempre considerato l’utopia una tabe del socialismo, sulla scorta della critica feroce che ai vari socialismi bollati di utopismo aveva dedicato Marx. Ai quali non solo riservava acuminati strali sarcastici, dileggiandoli come intenti «prescrivere ricette per la trattoria dell’avvenire», ma che accusava di una strutturale vocazione piccolo borghese a venire ad accomodamenti con la realtà, della cui ingiustizia non affrontava la radice, il rapporto di sfruttamento insito nel capitale stesso.
Utopia contro scienza, cioè fantasia contro realtà, o riforme contro rivoluzione. Contrapposizioni vissute come sinonime. Tutta la dura concretezza della lotta ci sembrava stare dalla parte del comunismo di Marx, i socialismi degli utopisti solo delle fantasticherie da tavolino buone appunto per l’osteria dell’avvenire ma in realtà “oggettivamente”, anche se in buona fede, marchingegni ideologici che distoglievano il proletariato dal suo compito storico, la rivoluzione, appunto.
La contrapposizione di un socialismo scientifico a un socialismo utopistico si è poi rivelata in realtà la malattia stessa del marxismo, la sua contraddizione fondamentale. Pensare che nella storia agisca una dialettica per cui il comunismo altro non sarebbe che l’abolizione del presente stato di cose, intendendo con ciò i rapporti di produzione capitalistici. Versione “materialistica” dell’animismo hegeliano.
Tali rapporti sono stati aboliti con la rivoluzione russa in Russia, con la rivoluzione cinese in Cina, con la rivoluzione cubana a Cuba, e poi nel Vietnam di Ho Chi Minh e Giap, e nel Laos e nella Cambogia, e nell’Europa dei “Paesi satelliti” dell’Urss per conquista della Seconda guerra mondiale, e in ognuna di queste realtà la negazione dello sfruttamento capitalistico, che poi spesso era anche arretrato e intrecciato con elementi feudali o addirittura tribali, non ha messo capo affatto a una società di più grande libertà dove viga il principio “da ciascuno secondo le sue possibilità a ciascuno secondo i suoi bisogni” – questo il comunismo secondo la scienza di Marx – bensì a nuove forme di sfruttamento, in troppi casi assai più feroci di quelle precedenti.
Ci siamo arrampicati sugli specchi, con tutte le possibili acrobazie filologiche e storico-sociali, in un labirinto ideologico di ritorni al “vero” Marx o di sviluppo – fedelmente marxiano – del suo pensiero, nell’impossibile tentativo di occultarci la coerenza di questi spaventosi esiti storici, e trovare speranze di prossima palingenesi che smentissero il carattere in radice della contraddizione della sua costruzione teorica: l’identificazione tra capitale variabile e lavoro proletario, che trasforma i lavoratori reali in soggetto storico affossatore del capitalismo, e in questa negazione del capitalismo – il famoso «stato presente di cose» – già realizza la liberazione dialettica da ogni ulteriore possibilità di sfruttamento.
Si è addirittura tentato di spacciare come una forma nuova di capitalismo – capitalismo di Stato – il rovesciamento del capitalismo e il regime che ne è seguito, che in Russia è arrivato con Stalin a sterminare milioni di kulaki e in Cina ancora di più, pur di rimuovere la questione. La verità è invece semplice e smentisce Marx: l’abrogazione del capitalismo non è la fine dello sfruttamento. Punto.
PER CONTINUARE A LEGGERE ACQUISTA MICROMEGA 3/2024 NELLA TUA LIBRERIA DI FIDUCIA O NEGLI STORE ONLINE
IL SOMMARIO DEL NUMERO
LA LINEA GENERALE
Paolo Flores d'Arcais - Utopie, lotte, illusioni
L’utopia non ha avuto una grande fortuna nella tradizione del pensiero politico che si rifà a Marx. Sia nelle sue interpretazioni ortodosse sia in quelle variamente “eretiche” si è infatti sempre contrapposto il socialismo scientifico a un socialismo utopistico, contrapposizione che in realtà costituiva la contraddizione fondamentale del marxismo. Alla fine a rivelarsi utopistica, infatti, è stata la pretesa “scientifica” del socialismo. Una volta preso atto però che di “scientifico”, ossia di deterministico, nelle vicende politiche dell’umanità non c’è nulla e che un sogno, un’utopia appunto, è ciò che fa muovere le masse, come assicurarsi che questi sogni, queste utopie non siano vuote illusioni?
ICEBERG 1 - pace, patria, cosmopolitismo
Omri Boehm - Una Repubblica per tutti
Dopo gli orrori del 7 ottobre e quelli che sono seguiti nei mesi di guerra a Gaza, l’ipotesi di uno Stato federale nel quale israeliani e palestinesi possano convivere pacificamente e da concittadini con pari dignità e diritti appare più che mai un’utopia. Ma è proprio perché questo è l’unico modo per evitare ulteriori orrori futuri che è urgente oggi impegnarsi per far diventare realtà quest’utopia.
Francesco Brusa e Piero Maestri - La sinistra di fronte al nuovo disordine globale
A due anni dall’invasione russa dell’Ucraina e a più di sei mesi dall’attacco di Hamas e dall’inizio dell’offensiva israeliana, il disorientamento e la difficoltà di comprendere le dinamiche all’opera si intrecciano a una generale crisi dei movimenti e di un pensiero politico progressisti. Di fronte a queste sfide MicroMega ha provato a mettersi in ascolto di donne e uomini che vivono o provengono dalle zone al centro delle maggiori crisi di questo momento. Attivisti e intellettuali che mostrano come la guerra non sia “la continuazione della politica con altri mezzi”, secondo la celebre formula di von Clausewitz, ma ciò che avviene proprio in assenza della politica.
Enrica Rigo - L’imbroglio dei confini chiusi e l’utopia necessaria della libertà di movimento
Rafforzare i confini esterni, esternalizzare i controlli nei Paesi di transito, rendere illegali i movimenti umani non regolamentati non è servito ad allentare i confini interni o a evitarne di nuovi, ma solo a nutrire altre ossessioni. Varrebbe allora la pena provare a capovolgere la prospettiva e, anziché considerare illusoria la libertà di movimento, prendere atto che sono i confini a essere un imbroglio. Un imbroglio che spaccia l’illusione della libertà per una “parte” come guadagno di una presunta identità da difendere.
Angela Taraborrelli - Hannah Arendt e la “Pace perpetua” di Kant
Riprendere in mano oggi il saggio sulla Pace perpetua di Immanuel Kant parrebbe un’operazione destinata a rimanere nel solco delle belle intenzioni prive di qualunque concretezza. Ma è esattamente quando le condizioni storiche paiono non fornirci altra viaì d’uscita che occorre alzare lo sguardo verso quella che, qui e ora, può apparire un’utopia. Come fa Hannah Arendt, che all’indomani della Seconda guerra mondiale e della tragedia dell’Olocausto torna all’opuscolo kantiano per delineare una riforma dell’ordine internazionale e dare una forma istituzionale cosmopolitica all’umanità. L’unica in grado di garantire la sua permanenza sulla superficie terrestre e il “diritto ad avere diritti” a tutti coloro che la abitano.
SAGGIO 1
Susan Neiman - Kant e l’imperativo categorico: l’ideale regolativo della libertà
Molto spesso l’etica kantiana viene considerata troppo rigida e irrealistica. Ma quello che ci ha insegnato il grande filosofo tedesco, di cui quest’anno ricorre il trecentesimo anniversario della nascita, è proprio questo: nella costante tensione per ridurre lo scarto fra essere e dover essere sta la nostra libertà.
LABIRINTO
Sofia Belardinelli - La spinta delle utopie “verdi” per un mondo più giusto
Se c’è un esempio concreto che dimostra come quelle che in un preciso momento storico appaiono ai più come delle “mere utopie” spesso siano in realtà le micce che innescano un cambiamento più che reale è quello dell’ecologia. Oggi sono infatti quasi senso comune – e spesso anche concrete legislazioni – princìpi che alcuni attivisti e filosofi immaginavano già molti anni fa. E se saremo capaci di evitare la catastrofe (cosa ahinoi nient’affatto scontata) sarà anche grazie alle loro tenaci utopie.
Aziz Rana - Per un’idea solidale di libertà
Negli Stati Uniti la destra si è appropriata della parola “libertà”, appiattendola su una concezione individualistica e discriminatoria. Per invertire la rotta c’è bisogno di un serio sforzo politico che renda il concetto di libertà solidale e inclusiva attraente almeno quanto quello della destra. Non si tratta di una mera questione di comunicazione, ma di concreta costruzione delle istituzioni e di rimodellamento del mondo quotidiano in cui le persone vivono: i luoghi di lavoro, i quartieri, le scuole. La storia degli Stati Uniti può aver corroso il concetto di libertà, ma è quella stessa storia che ci indica che la lotta per una società libera è possibile solo attraverso un impegno etico alla solidarietà.
Pierfranco Pellizzetti - La città come luogo dell’utopia
Sulla scorta dell’analisi di Karl Mannheim sulla relazione dialettica tra utopia e ideologia e delle visioni utopiche presenti in Thomas More e Tommaso Campanella, un’analisi delle trasformazioni della società post-industriale e del ruolo delle città come nuovi centri di innovazione e partecipazione democratica, con un’attenzione particolare alla pianificazione strategica e alla democrazia deliberativa. Un viaggio nel concetto di utopia urbana attraverso il prisma della sociologia e della storia delle città.
Mariasole Garacci - Utopia: variazioni artistiche sul tema
Strumento di potere, di crescita individuale oppure strada verso un futuro ecologico ed equo. Variazioni sul tema dell’utopia attraverso alcuni esempi dalla storia dell’arte europea medievale, rinascimentale e contemporanea.
SAGGIO 2
Federica D’Alessio - La libertà nel socialismo. Il socialismo nella libertà
Fin dagli albori del movimento operaio e del pensiero socialista, il dilemma sul senso profondo della libertà umana e su come coniugare l’anelito alla libertà con la costruzione di una società giusta ha attraversato il pensiero e la prassi di milioni di rivoluzionari e di tutte le loro principali figure di riferimento. Si tratta di un enorme irrisolto, che nel corso del tempo ha assunto anche le sembianze mostruose della negazione più brutale, come nel caso della dittatura staliniana; ma che ancora oggi, di fronte alle sirene del liberismo, richiede uno sforzo di pensiero, per continuare a immaginare e sognare di poter fare (anche) dello spazio pubblico la misura della nostra felicità.
ICEBERG 2 - lavoro e redistribuzione della ricchezza
Denise Celentano - Qual è il senso del “post-lavoro”? Libertà dal lavoro vs libertà nel lavoro
Affinché il concetto di post-lavoro possa “fare il suo lavoro meglio” dovremmo passare dalla concezione “del ritiro” attualmente prevalente a una concezione “trasformativa”. La prima è eccessivamente incentrata su richieste negative, individualistiche e quantitative di libertà dal lavoro: mira a ridurre il tempo di lavoro, lasciando però le sue strutture interne inalterate. La seconda persegue un ideale di libertà più sociale e sostanziale, poiché vede la libertà dal lavoro come inestricabilmente intrecciata con la libertà nel lavoro.
Giuseppe Allegri - L’utopia concreta, indispensabile e realistica del reddito di base
Contro i ricatti del lavoro povero e della sua mancanza, da anni c’è chi propone l’istituzione di un reddito di base, da considerarsi come evoluzione dei sistemi di solidarietà e protezione sociale. Un vero e proprio ius existentiae, ipotizzabile anche su scala globale come risposta alla crisi di legittimazione delle istituzioni pubbliche di sicurezza e protezione sociale. Il tutto finanziabile a partire da un’imposta sul patrimonio globale, con a fianco carbon tax e tobin tax.
Giacomo Corneo - Verso un socialismo azionario
Se vogliamo continuare a perseguire gli obiettivi di giustizia sociale del modello socialdemocratico, una sua revisione è necessaria. Ciò che serve in particolare è una riforma del nostro sistema economico volta a promuovere una gestione del capitale di proprietà pubblica che sia al contempo democratica ed efficiente. Un obiettivo raggiungibile attraverso la creazione di due istituzioni nuove: il fondo sovrano progressivo e l’azionista federale.
INEDITO
Edward W. Said - Lettera aperta agli intellettuali ebrei americani (presentazione di
Ingrid Colanicchia)
Nel 1989, lo studioso palestinese americano Edward W. Said scrisse una lettera aperta ai suoi colleghi ebrei, invitandoli a prendere posizione contro gli abusi di Israele nei confronti dei palestinesi. Ritenne tuttavia di non pubblicarla, perché troppo incendiaria. Inedita fino al 2022, quando è stata pubblicata sulla rivista statunitense Jewish Currents, appare qui per la prima volta in italiano.
FUORISACCO
Max Horkheimer - Hegel e il problema della metafisica (presentazione di
Giovanni Andreozzi)
In questo breve saggio del 1932, qui presentato per la prima volta in italiano, Max Horkheimer mostra come, fin dall’inizio, il rapporto con la metafisica sia ineludibile per la teoria critica della società, che in quegli anni vedeva il suo delinearsi concreto nell’orbita della Scuola di Francoforte, e presenta alcuni argomenti che anticipano la sua riflessione più tarda e il suo tentativo di un “recupero” della metafisica stessa.