Omri Boehm: Israele/Palestina, una Repubblica per tutti
Un estratto dal volume 3/2024 di MicroMega in tutte le librerie.
Dopo gli orrori del 7 ottobre e quelli che sono seguiti nei mesi di guerra a Gaza, l’ipotesi di uno Stato federale nel quale israeliani e palestinesi possano convivere pacificamente e da concittadini con pari dignità e diritti appare più che mai un’utopia. Ma è proprio perché questo è l’unico modo per evitare ulteriori orrori futuri che è urgente oggi impegnarsi per far diventare realtà quest’utopia. Condividiamo un breve estratto del saggio del filosofo Omri Boehm, pubblicato nel volume di MicroMega “Sognare per resistere”, in tutte le librerie.
Una Repubblica per tutti
di Omri Boehm
Nel maggio 2009, in un articolo uscito sulla New York Review of Books, Avishai Margalit e Michael Walzer scrivevano delle sfide etiche che già allora Israele doveva affrontare nella guerra contro Hamas in aree palestinesi densamente popolate. I due, probabilmente tra i più importanti esponenti del pensiero liberal-sionista e teorici della guerra giusta, concludevano il loro articolo enunciando il seguente principio: «Conduci la tua guerra in presenza di non combattenti dall’altra parte con la stessa attenzione che avresti se quei non combattenti fossero tuoi concittadini». Ho ripensato a questa affermazione leggendo un articolo di David Grossman pubblicato all’indomani del 7 ottobre: «Chi saremo quando risorgeremo dalle ceneri? E cosa hanno da dire oggi coloro che hanno brandito l’assurda idea di uno Stato binazionale?». Chi scrive sostiene da molti anni l’idea di un’unica Repubblica federale per ebrei e palestinesi al posto della classica soluzione “due popoli-due Stati”, quindi le domande di Grossmann mi interrogano.
(...)
Per chi, come me, sostiene la soluzione binazionale, le domande di Grossman sono però incomplete. Esse sono infatti poste dalla prospettiva dell’identità ebraico-israeliana ridotta a quella di vittime di Hamas. In altre parole, Grossman si chiedeva chi saremmo stati noi ebrei quando ci saremmo ripresi da questo pogrom, domanda perfettamente comprensibile alla luce dell’antisemitismo genocida riproposto nell’attacco di Hamas. Lo Statuto dell’organizzazione (1988) afferma: «L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l’albero diranno: O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo; ma l’albero di Gharqad non lo dirà, perché è l’albero degli ebrei». Non mi sorprenderebbe se molti di coloro che hanno perpetrato il massacro del 7 ottobre stessero pensando che quel giorno fosse effettivamente arrivato.
Ma le cose non possono rimanere congelate al 7 ottobre. Nei mesi trascorsi da quando ci siamo chiesti «chi saremo», ogni sette minuti circa una donna o un bambino palestinese sono stati uccisi dalle forze israeliane. Dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza, circa 1,8 milioni sono stati sfollati e circa il 70% delle abitazioni è stato gravemente danneggiato, se non completamente distrutto. Secondo le Nazioni Unite, la carestia a Gaza è «imminente» e «più di 1 milione di persone – metà della popolazione – hanno completamente esaurito le scorte alimentari e le capacità di sopravvivenza e stanno lottando contro una fame catastrofica». Per i sostenitori di una federazione binazionale, era chiaro fin dall’inizio che le domande da porci erano: chi saremo mentre si svolge la guerra a Gaza? Ci riterremo rigorosamente sottoposti al diritto internazionale? Proteggeremmo i civili palestinesi come se fossero nostri concittadini, come suggeriscono Margalit e Walzer? Oppure permetteremmo – per atti o per omissioni – che si creino le condizioni disumane che costringeranno la popolazione di Gaza ad andarsene?
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IL SOMMARIO DEL NUMERO
LA LINEA GENERALE
Paolo Flores d'Arcais - Utopie, lotte, illusioni
L’utopia non ha avuto una grande fortuna nella tradizione del pensiero politico che si rifà a Marx. Sia nelle sue interpretazioni ortodosse sia in quelle variamente “eretiche” si è infatti sempre contrapposto il socialismo scientifico a un socialismo utopistico, contrapposizione che in realtà costituiva la contraddizione fondamentale del marxismo. Alla fine a rivelarsi utopistica, infatti, è stata la pretesa “scientifica” del socialismo. Una volta preso atto però che di “scientifico”, ossia di deterministico, nelle vicende politiche dell’umanità non c’è nulla e che un sogno, un’utopia appunto, è ciò che fa muovere le masse, come assicurarsi che questi sogni, queste utopie non siano vuote illusioni?
ICEBERG 1 - pace, patria, cosmopolitismo
Omri Boehm - Una Repubblica per tutti
Dopo gli orrori del 7 ottobre e quelli che sono seguiti nei mesi di guerra a Gaza, l’ipotesi di uno Stato federale nel quale israeliani e palestinesi possano convivere pacificamente e da concittadini con pari dignità e diritti appare più che mai un’utopia. Ma è proprio perché questo è l’unico modo per evitare ulteriori orrori futuri che è urgente oggi impegnarsi per far diventare realtà quest’utopia.
Francesco Brusa e Piero Maestri - La sinistra di fronte al nuovo disordine globale
A due anni dall’invasione russa dell’Ucraina e a più di sei mesi dall’attacco di Hamas e dall’inizio dell’offensiva israeliana, il disorientamento e la difficoltà di comprendere le dinamiche all’opera si intrecciano a una generale crisi dei movimenti e di un pensiero politico progressisti. Di fronte a queste sfide MicroMega ha provato a mettersi in ascolto di donne e uomini che vivono o provengono dalle zone al centro delle maggiori crisi di questo momento. Attivisti e intellettuali che mostrano come la guerra non sia “la continuazione della politica con altri mezzi”, secondo la celebre formula di von Clausewitz, ma ciò che avviene proprio in assenza della politica.
Enrica Rigo - L’imbroglio dei confini chiusi e l’utopia necessaria della libertà di movimento
Rafforzare i confini esterni, esternalizzare i controlli nei Paesi di transito, rendere illegali i movimenti umani non regolamentati non è servito ad allentare i confini interni o a evitarne di nuovi, ma solo a nutrire altre ossessioni. Varrebbe allora la pena provare a capovolgere la prospettiva e, anziché considerare illusoria la libertà di movimento, prendere atto che sono i confini a essere un imbroglio. Un imbroglio che spaccia l’illusione della libertà per una “parte” come guadagno di una presunta identità da difendere.
Angela Taraborrelli - Hannah Arendt e la “Pace perpetua” di Kant
Riprendere in mano oggi il saggio sulla Pace perpetua di Immanuel Kant parrebbe un’operazione destinata a rimanere nel solco delle belle intenzioni prive di qualunque concretezza. Ma è esattamente quando le condizioni storiche paiono non fornirci altra viaì d’uscita che occorre alzare lo sguardo verso quella che, qui e ora, può apparire un’utopia. Come fa Hannah Arendt, che all’indomani della Seconda guerra mondiale e della tragedia dell’Olocausto torna all’opuscolo kantiano per delineare una riforma dell’ordine internazionale e dare una forma istituzionale cosmopolitica all’umanità. L’unica in grado di garantire la sua permanenza sulla superficie terrestre e il “diritto ad avere diritti” a tutti coloro che la abitano.
SAGGIO 1
Susan Neiman - Kant e l’imperativo categorico: l’ideale regolativo della libertà
Molto spesso l’etica kantiana viene considerata troppo rigida e irrealistica. Ma quello che ci ha insegnato il grande filosofo tedesco, di cui quest’anno ricorre il trecentesimo anniversario della nascita, è proprio questo: nella costante tensione per ridurre lo scarto fra essere e dover essere sta la nostra libertà.
LABIRINTO
Sofia Belardinelli - La spinta delle utopie “verdi” per un mondo più giusto
Se c’è un esempio concreto che dimostra come quelle che in un preciso momento storico appaiono ai più come delle “mere utopie” spesso siano in realtà le micce che innescano un cambiamento più che reale è quello dell’ecologia. Oggi sono infatti quasi senso comune – e spesso anche concrete legislazioni – princìpi che alcuni attivisti e filosofi immaginavano già molti anni fa. E se saremo capaci di evitare la catastrofe (cosa ahinoi nient’affatto scontata) sarà anche grazie alle loro tenaci utopie.
Aziz Rana - Per un’idea solidale di libertà
Negli Stati Uniti la destra si è appropriata della parola “libertà”, appiattendola su una concezione individualistica e discriminatoria. Per invertire la rotta c’è bisogno di un serio sforzo politico che renda il concetto di libertà solidale e inclusiva attraente almeno quanto quello della destra. Non si tratta di una mera questione di comunicazione, ma di concreta costruzione delle istituzioni e di rimodellamento del mondo quotidiano in cui le persone vivono: i luoghi di lavoro, i quartieri, le scuole. La storia degli Stati Uniti può aver corroso il concetto di libertà, ma è quella stessa storia che ci indica che la lotta per una società libera è possibile solo attraverso un impegno etico alla solidarietà.
Pierfranco Pellizzetti - La città come luogo dell’utopia
Sulla scorta dell’analisi di Karl Mannheim sulla relazione dialettica tra utopia e ideologia e delle visioni utopiche presenti in Thomas More e Tommaso Campanella, un’analisi delle trasformazioni della società post-industriale e del ruolo delle città come nuovi centri di innovazione e partecipazione democratica, con un’attenzione particolare alla pianificazione strategica e alla democrazia deliberativa. Un viaggio nel concetto di utopia urbana attraverso il prisma della sociologia e della storia delle città.
Mariasole Garacci - Utopia: variazioni artistiche sul tema
Strumento di potere, di crescita individuale oppure strada verso un futuro ecologico ed equo. Variazioni sul tema dell’utopia attraverso alcuni esempi dalla storia dell’arte europea medievale, rinascimentale e contemporanea.
SAGGIO 2
Federica D’Alessio - La libertà nel socialismo. Il socialismo nella libertà
Fin dagli albori del movimento operaio e del pensiero socialista, il dilemma sul senso profondo della libertà umana e su come coniugare l’anelito alla libertà con la costruzione di una società giusta ha attraversato il pensiero e la prassi di milioni di rivoluzionari e di tutte le loro principali figure di riferimento. Si tratta di un enorme irrisolto, che nel corso del tempo ha assunto anche le sembianze mostruose della negazione più brutale, come nel caso della dittatura staliniana; ma che ancora oggi, di fronte alle sirene del liberismo, richiede uno sforzo di pensiero, per continuare a immaginare e sognare di poter fare (anche) dello spazio pubblico la misura della nostra felicità.
ICEBERG 2 - lavoro e redistribuzione della ricchezza
Denise Celentano - Qual è il senso del “post-lavoro”? Libertà dal lavoro vs libertà nel lavoro
Affinché il concetto di post-lavoro possa “fare il suo lavoro meglio” dovremmo passare dalla concezione “del ritiro” attualmente prevalente a una concezione “trasformativa”. La prima è eccessivamente incentrata su richieste negative, individualistiche e quantitative di libertà dal lavoro: mira a ridurre il tempo di lavoro, lasciando però le sue strutture interne inalterate. La seconda persegue un ideale di libertà più sociale e sostanziale, poiché vede la libertà dal lavoro come inestricabilmente intrecciata con la libertà nel lavoro.
Giuseppe Allegri - L’utopia concreta, indispensabile e realistica del reddito di base
Contro i ricatti del lavoro povero e della sua mancanza, da anni c’è chi propone l’istituzione di un reddito di base, da considerarsi come evoluzione dei sistemi di solidarietà e protezione sociale. Un vero e proprio ius existentiae, ipotizzabile anche su scala globale come risposta alla crisi di legittimazione delle istituzioni pubbliche di sicurezza e protezione sociale. Il tutto finanziabile a partire da un’imposta sul patrimonio globale, con a fianco carbon tax e tobin tax.
Giacomo Corneo - Verso un socialismo azionario
Se vogliamo continuare a perseguire gli obiettivi di giustizia sociale del modello socialdemocratico, una sua revisione è necessaria. Ciò che serve in particolare è una riforma del nostro sistema economico volta a promuovere una gestione del capitale di proprietà pubblica che sia al contempo democratica ed efficiente. Un obiettivo raggiungibile attraverso la creazione di due istituzioni nuove: il fondo sovrano progressivo e l’azionista federale.
INEDITO
Edward W. Said - Lettera aperta agli intellettuali ebrei americani (presentazione di
Ingrid Colanicchia)
Nel 1989, lo studioso palestinese americano Edward W. Said scrisse una lettera aperta ai suoi colleghi ebrei, invitandoli a prendere posizione contro gli abusi di Israele nei confronti dei palestinesi. Ritenne tuttavia di non pubblicarla, perché troppo incendiaria. Inedita fino al 2022, quando è stata pubblicata sulla rivista statunitense Jewish Currents, appare qui per la prima volta in italiano.
FUORISACCO
Max Horkheimer - Hegel e il problema della metafisica (presentazione di
Giovanni Andreozzi)
In questo breve saggio del 1932, qui presentato per la prima volta in italiano, Max Horkheimer mostra come, fin dall’inizio, il rapporto con la metafisica sia ineludibile per la teoria critica della società, che in quegli anni vedeva il suo delinearsi concreto nell’orbita della Scuola di Francoforte, e presenta alcuni argomenti che anticipano la sua riflessione più tarda e il suo tentativo di un “recupero” della metafisica stessa.