L’ex-neo-post-filo-para fascismo prossimo venturo e i democratici schizzinosi
Elezioni anticipate, l'editoriale del direttore di MicroMega, Paolo Flores d'Arcais
Il centenario della Marcia su Roma potrebbe essere celebrato da un governo che da quella storia trae le sue origini. Per questo, alle prossime elezioni, saremo chiamati a votare "per la Costituzione".
di Paolo Flores d'Arcais
Il centenario della Marcia su Roma (27-31 ottobre 1922), che piombava l’Italia nel ribrezzo di un ventennio di dittatura, verrà celebrato tra tre mesi non sappiamo in che modo, ma sappiamo da chi: un governo ex-neo-filo-post-para fascista. Anche cleptomane (l’ultimo caso, a Terracina, è di un pugno di giorni fa, ma la mappa delle ruberie punteggia l’intero stivale).
Sarà bene guardare in viso per intero l’avvilente e spaventosa realtà, anziché rimuoverla o edulcorarla a forza di “Giorgia Meloni non ha più nulla a che fare col fascismo” o “queste destre più che paura fanno pena”. Guardarla in viso fin da ora, subito, assumendola come filo d’Arianna per la campagna elettorale.
Per intero significa due cose: primo, l’esito delle elezioni è certo, salvo miracolo, l’unico interrogativo è se il governo di quanti hanno “in gran dispitto” la nostra bella Costituzione repubblicana (nata dalla Resistenza antifascista) si chiamerà Meloni-Salvini o Salvini-Meloni, comunque con il pregiudicato Berlusconi Silvio presidente del Senato, seconda carica dello Stato (raccapriccio e vomito in qualsiasi democrazia minimamente funzionante).
Secondo, se l’ignobile sistema elettorale con cui andremo alle urne, che non solo costringe a coalizioni contro natura per bottinare seggi ma deforma ciclopicamente la volontà dei cittadini, consentirà all’alleanza delle destre anticostituzionali di superare i due terzi dei seggi, con cui fare strame della Costituzione senza nemmeno dover affrontare i cittadini democratici in un referendum. Prospettiva horribile dictu, atroce, feroce, ma tra qualche mese, hic stantibus rebus, niente affatto peregrina, che solo una favilla di serietà e responsabilità (al momento inavvertibile) nelle organizzazioni politiche delle non-destre potrà scongiurare.
Ma la disgustosa legge elettorale non perdona. Un terzo dei seggi è assegnato con l’uninominale a un turno, dunque se tutte le non-destre non si accordano collegio per collegio su un candidato unico le destre ex-neo-post-filo-para fasciste (e anche cleptomani) si acchiappano tutto il cucuzzaro.
Per chi la nostra bella Costituzione repubblicana (nata dalla Resistenza) l’ama almeno ancora un poco non è perciò consentito fare gli schizzinosi. Se nei collegi uninominali non si mettono d’accordo aumentano vertiginosamente le probabilità che gli odiatori della Costituzione possano squartarla impunemente, senza affrontare un referendum. Chi, dunque, avanzerà distinguo starà portando vasi alla Samo di Meloni-Salvini-Pregiudicato di Arcore. La sua responsabilità morale sarà enorme e inespiabile.
Per distinguersi ci sarà il proporzionale. Me nell’uninominale chi rifiuta il candidato unico sta votando per il regime prossimo venturo, alla Orbán o Putin che sia. Il dovere morale elementare, il dovere politico minimo delle non-destre è inaggirabile. Si tratti di Pd, M5S di Conte (o Conte Raggi, o Conte Raggi Di Battista), ex Rifondazioni, residui Verdi, Di Maio, Calenda, Renzi, e addirittura Gelmini-Brunetta, nulla è peggio del peggissimo dei candidati dell’accrocco post-democratico Meloni-Salvini-Pregiudicato.
Un cittadino democratico, se capisce la posta in gioco, che è di civiltà, come un secolo fa (e se non la capisce è perché non la vuole capire, dunque doppiamente colpevole) voterà anche chi gli fa disgusto, nausea, ribrezzo, pur di mantenere aperte le possibilità di continuare a lottare nel quadro della nostra Costituzione. Senza la quale ogni speranza per il futuro si spegne in illusione, orbánismo e orbacismo.
Detesto Renzi e Calenda mi produce orticaria, e Conte grigissima mestizia, e Raggi e Di Battista conati, e e e, e tuttavia nel mio collegio uninominale voterò chiunque di loro, se troveranno l’accordo. Tecnicamente assai facile: quote di candidature secondo la media dei sondaggi dell’ultimo mese prima della presentazione delle liste. Non voglio vivere i miei ultimi anni nell’esilio costituzionale cui ci condannerebbe la stravittoria della confraternita delle destre antirepubblicane (a cui guarderanno con simpatia mafia e corruzione).
Ma i politici delle non-destre sono troppo presi dai loro ego per avere questa elementare lucidità. Tocca perciò a noi cittadini, nelle nostre differenze e reciproche ostilità, cui non metteremo la sordina, agire per spingerli all’unica scelta tattica non suicida: candidati unici nei collegi uninominali. Avremo allora cinque anni di incubo, ma con questa Costituzione ancora vigente, per lottare e costruire una sinistra degna del nome, egualitaria, ecologista, illuminista, oggi introvabile in forma organizzata ma più che mai necessaria per un futuro di dignità.
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