Ingrid Colanicchia: Italia, c'era una volta (e c'è ancora) un Paese patriarcale
Un estratto dal volume 2/2024 di MicroMega in tutte le librerie.
In Italia, nel dopoguerra è iniziato un sistematico – seppur lento e tardivo – smantellamento di leggi e norme che costituivano l’ossatura giuridica e istituzionale di un Paese profondamente patriarcale. Le tante lotte delle donne – da quella per il diritto di voto a quella per l’abolizione del delitto d’onore, passando per divorzio e aborto – sono riuscite ad abbatterle una per una. Una rassegna delle norme contro le donne che ci siamo lasciati alle spalle. Speriamo per sempre, come spiega Ingrid Colanicchia in un saggio pubblicato su MicroMega 2/2024, di cui qui condividiamo un breve estratto.
Italia, c'era una volta (e c'è ancora) un Paese patriarcale
di Ingrid Colanicchia
È morto. È vivo e lotta contro di noi. È in fin di vita e dà i suoi ultimi colpi di coda... Non c’è unanimità di vedute sullo stato di salute del patriarcato e forse la lettura più veritiera è quella che ne danno Carol Gilligan e Naomi Snider: «Il patriarcato è allo stesso tempo sotto assedio e al potere». Il patriarcato vive infatti di un complesso intreccio di norme scritte e non scritte. E se le ultime sono quelle più dure a morire, le prime hanno fornito una solida impalcatura istituzionale che, nei vari mutamenti storici, è rimasta in vigore per secoli e che solo da pochi decenni ha iniziato a essere scalfita. Anche nel nostro Paese.
Dal diritto di voto alla (non ancora raggiunta) parità lavorativa
Nonostante già all’inizio del secolo scorso, in Italia, le donne avessero ottenuto una serie di conquiste fondamentali, come l’abolizione dell’“autorizzazione maritale” (nel 1919 la cosiddetta legge Sacchi aveva abolito l’istituto consentendo alle donne sposate la gestione dei propri beni), spartiacque di questo lungo cammino evidentemente non ancora concluso è, nell’immediato dopoguerra, il riconoscimento del diritto di voto. Come noto, la prima occasione di esprimersi per le donne è la consultazione elettorale del 2 giugno 1946 che, oltre a stabilire la forma istituzionale del Paese, elegge l’Assemblea Costituente (e in seno a essa 21 madri costituenti). La Costituzione che entrerà in vigore un anno e mezzo più tardi nel complesso, scrive Camilla Ravera, «fornisce una valida piattaforma per la trasformazione sociale del Paese e per l’assicurazione alla donna dei diritti fondamentali». L’art. 3 sancisce la pari dignità sociale e l’uguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini, senza distinzioni di sesso; l’articolo 29 afferma l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi; l’art. 37 stabilisce che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti del lavoratore e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni, anche se il medesimo articolo specifica che le condizioni di lavoro cui la donna è soggetta devono consentire l’adempimento della sua «essenziale funzione familiare»; l’art. 51 sancisce la parità per l’accesso a cariche elettive o uffici pubblici.
Gli anni Cinquanta e Sessanta vedono significativi passi avanti in particolare sul fronte del lavoro. La legge 860 del 1950 stabilisce il divieto di licenziamento delle lavoratrici durante il periodo di gestazione e fino al compimento di un anno di età del bambino 5. Il primissimo passo in materia di tutela delle lavoratrici madri datava 1902 con la legge 242 che aveva introdotto un mese di congedo per maternità dopo il parto. Nel 1956, con la legge 741, il presidente della Repubblica ratifica la Convenzione n. 100 dell’Organizzazione internazionale del lavoro concernente l’uguaglianza di remunerazione tra la manodopera maschile e quella femminile per un lavoro di valore uguale, approvata a Ginevra il 29 giugno 1951.
Dopo più di dieci anni dal primo progetto di legge in materia, presentato nel 1951 dalla senatrice Lina Merlin, il 9 gennaio 1963 viene approvata la legge sul divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio. Il fenomeno si presentava sotto diverse sembianze: come licenziamento all’atto del matrimonio, in forza di quanto stabilito dall’art. 2118 del Codice civile che riconosce a ciascuno dei soggetti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato la facoltà di scindere in qualsiasi momento il rapporto di lavoro; come clausola di nubilato inserita nel contratto al momento dell’assunzione; come dimissioni “volontarie” ottenute, presumibilmente, con pressioni di ogni genere.
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IL SOMMARIO DEL NUMERO
ICEBERG 1 - patriarcato/patriarcati
Eva Cantarella - La misoginia nell’Antica Grecia
L’ammirazione e la gratitudine per quello che i Greci ci hanno tramandato in termini di produzione filosofica, letteraria, artistica non può esimerci dal constatare che ci hanno lasciato anche una pesantissima eredità: quella della discriminazione del genere femminile. È infatti proprio nella Grecia classica che per la prima volta le donne sono sistematicamente escluse dallo spazio pubblico.
Francesco Remotti, Paola Sacchi e Pier Paolo Viazzo - Vecchi e nuovi patriarcati in una prospettiva antropologica
Dopo averlo per lungo tempo abbandonato, l’antropologia sta tornando allo studio del patriarcato ponendo una serie di domande nuove e incalzanti. Se il termine patriarcato indica senza dubbio un potere, di che tipo di potere si tratta? Chi sono coloro che in concreto lo esercitano? E chi sono, a loro volta, coloro che lo subiscono?
Giuliana Sgrena - Dio contro le donne
Sebbene il patriarcato non sia nato con le religioni monoteiste, queste ultime sono sempre state sue fedeli alleate. Cristianesimo, ebraismo e islam, attingendo a testi sacri infarciti di misoginia, hanno infatti tenacemente contribuito al mantenimento delle strutture patriarcali nel corso dei secoli. E anche se oggi si intravedono timidi progressi imposti dai cambiamenti della società, i maschi dentro le istituzioni religiose non sembrano voler cedere il loro potere.
Ingrid Colanicchia - Italia, c’era una volta (e c’è ancora) un Paese patriarcale
In Italia, nel dopoguerra, è iniziato un sistematico – seppur lento e tardivo – smantellamento di leggi e norme che costituivano l’ossatura giuridica e istituzionale di un Paese profondamente patriarcale. Le tante lotte delle donne – da quella per il diritto di voto a quella per l’abolizione del delitto d’onore, passando per divorzio e aborto – sono riuscite ad abbatterle una per una. Una rassegna delle norme contro le donne che ci siamo lasciati alle spalle. Speriamo per sempre.
Federica D’Alessio - Oltre il patriarcato, ancora non sappiamo
L’ordine patriarcale inteso come potere del pater familias è stato smantellato o è in via di smantellamento o consunzione in molti luoghi del mondo, non soltanto in Occidente. Ma non è sorto alcun ordine sociale sostitutivo o alternativo, anche per via di un’importante mancanza di visione e progettazione in seno al femminismo e a tutti i movimenti per la liberazione. E in questa assenza di un ordine orientativo, si stanno facendo avanti forme insidiose di revanchismo.
ICEBERG 2 - le parole e la realtà
Cristiana De Santis - Perché una tavola rotonda “non” è rotonda
È difficile negare che ogni lingua abbia una struttura grammaticale consolidata che prescinde dalla molteplicità degli usi individuali, parlati e scritti: l’esistenza di una simile struttura è condizione per ogni sviluppo possibile del sistema stesso. Certo, le regole di una lingua non sono scritte sulla pietra, sono sedimentate nel tempo e soggette a evoluzioni dovute a molti fattori, fra i quali anche l’uso personale che i diversi soggetti ne fanno. L’importante è che l’esperienza non si diffranga al punto da rendere impossibile la comunicazione e la reciproca comprensione.
Giuliana Giusti - Tra maschile “non marcato” e schwa. Riflessioni sul riferimento inclusivo in italiano
La lingua e il genere sociale hanno un forte valore identitario, come dimostrano gli accesi dibattiti su qualunque questione linguistica e qualunque ridefinizione dei ruoli sociali. È legittimo sollevare la questione della rappresentazione delle persone con genere non binario. In questa impresa, tuttavia, è necessario un lavoro approfondito e dettagliato che tenga conto delle strutture morfologiche e fonologiche della lingua. E soprattutto che non si traduca in una cannibalizzazione del genere femminile con la creazione di un terzo genere formato, di fatto e di nuovo, sul maschile.
Federico Zappino - Linguaggio, realtà, materialità
Che i corpi materiali esistano a prescindere da se e come noi li nominiamo è pacifico. Ma la “realtà” non si riduce alla materialità; la “realtà” è piuttosto l’ordine impartito alla materialità. Un ordine, questo sì, profondamente influenzato dalla cultura, dalla storia, dai rapporti di potere, infine anche dal linguaggio.
Iole Natoli - La lunga lotta per il cognome materno
Se è vero che dare nomi è un atto linguistico, l’attribuzione del cognome è l’atto linguistico per eccellenza, con cui si circoscrive, si fonda e si narra un’appartenenza delle persone all’ordine famigliare. Un ordine che è stato per secoli rigorosamente patriarcale e patrilineare, finché qualcuna non ha cominciato a mettere in discussione lo status quo, esigendo il riconoscimento della madre come origine non solo della nascita, ma di un nuovo sistema sociale.
Paola Di Nicola Travaglini - Quando la violenza sulle donne si legge nelle sentenze
Un’analisi delle sentenze in tema di violenza contro le donne – dagli stupri ai femminicidi, passando per le molestie – fa emergere un linguaggio che sistematicamente attinge agli stereotipi e ai pregiudizi anziché ai fatti. Un linguaggio che esprime una precisa rappresentazione culturale e sociale dei ruoli di genere e della violenza contro le donne e che, quando diventa la parola pubblica dello Stato, alimenta la tolleranza sociale e l’impunità rispetto alla violenza stessa.
A PIÙ VOCI - il femminismo ieri, oggi, domani
In questa sezione abbiamo raccolto le voci di intellettuali, scrittrici, attiviste alle quali abbiamo chiesto di ragionare attorno al femminismo e alle lotte delle donne oggi. L’obiettivo era ottenere un affresco vivido di quel che si muove nel variegato mondo del movimento delle donne nel mondo. Vi hanno contribuito: Simona Ammerata, Lucia Raffa, Annarosa Buttarelli, Alessandra Chiricosta, Laura Cima, Anna Maria Crispino, Maria Rosa Cutrufelli , Dahlia de la Cerda, Donatella Di Pietrantonio, Monica Lanfranco, Dacia Maraini, Valeria Parrella, Maria Serena Sapegno, Chiara Saraceno, Alice Schwarzer, Nadia Terranova e Samia Walid.
INEDITO
Fanny de Beauharnais - Scritti sulla condizione femminile (presentazione di Marco Menin)
Se è difficile immaginare la nascita del femminismo senza l’Illuminismo, rimane innegabile che quella settecentesca è ancora una società profondamente misogina, nella quale l’esclusione delle donne dalla Repubblica delle lettere è pressoché sistematica e le intellettuali devono far fronte a innumerevoli ostacoli per affermarsi. Lo mostra anche la storia di Fanny de Beauharnais, autrice di racconti, poesie e pamphlet, il cui salotto letterario ospita alcune delle personalità di maggior spicco dei Lumi, della quale presentiamo per la prima volta al pubblico italiano un’ampia selezione di scritti.