Ingrid Colanicchia: "I vostri figli non vi appartengono"
Un estratto dal volume 4/2024 di MicroMega.
Nonostante sia ormai riconosciuto che il minore è un soggetto attivo di diritti, resta di là da venire un reale e completo esercizio di tali diritti, da un lato per ragioni legate all’effettivo grado di maturità del bambino, dall’altro perché spesso e volentieri i genitori non riconoscono i figli come altro da sé, prendendo decisioni sui loro corpi e sulle loro vite che si configurano come palesi violazioni dei loro diritti, da quello all’integrità fisica e mentale a quello alla privacy, passando per il diritto alla libertà di coscienza e religione.
Condividiamo un breve estratto del saggio di Ingrid Colanicchia, pubblicato nel vol. 4/2024 di MicroMega “Contro la famiglia. Critica di un’istituzione (anti)sociale”. Il volume lo trovate in tutte le librerie, fisiche e online. A partire da questo numero gli abbonati ai piani AMICO e SOSTENITORE potranno leggere i singoli articoli del cartaceo anche comodamente online.
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I vostri figli non vi appartengono
di Ingrid Colanicchia
In epoca romana, ad accomunare i componenti di una familia non era il matrimonio, la convivenza o legami di sangue (non solo, almeno), bensì la comune sottoposizione a un paterfamilias dotato di poteri praticamente illimitati cui erano soggetti non solo moglie e figli ma anche gli schiavi. Poteri che arrivavano fino allo ius vitae ac necis, vale a dire al diritto di mettere a morte i componenti del gruppo. Sui figli maschi questo potere poteva essere esercitato in caso si fossero macchiati di crimini contro lo Stato; sulle figlie femmine nel caso avessero intrattenuto un rapporto sessuale al di fuori del matrimonio o del concubinato.
Per quanto orribile tutto ciò possa apparire oggi, non dimentichiamo che nel nostro Paese solo nel 1981 è stato abolito l’articolo 587 del Codice penale che prevedeva il cosiddetto delitto d’onore, vale a dire uno sconto di pena per l’uomo che avesse cagionato la morte della moglie, della figlia o della sorella, se avesse agito nel momento della scoperta di una relazione o «nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia».
E non dimentichiamo neanche che l’idea dei minori come soggetti di diritto è una conquista recentissima, e che ancora più recente è il riconoscimento dei minori come soggetti attivi di diritto, in quanto tali capaci di assumere decisioni.
L’istituto della patria potestà – eredità del diritto romano – era riconosciuto, in Italia, fino alla riforma del diritto di famiglia del 1975: il Codice civile del 1942, all’articolo 316 (“Esercizio della patria potestà”), stabiliva infatti che la prole era soggetta alla potestà del padre sino alla maggiore età o all’emancipazione. Solo in caso di sua morte l’esercizio della stessa passava alla madre. La riforma del 1975 introdusse il concetto di potestà genitoriale, «esercitata di comune accordo da entrambi i genitori», e stabilì che i genitori non avevano più solo l’obbligo «di mantenere, istruire ed educare la prole» (come previsto anche all’articolo 30 della Costituzione), ma dovevano farlo «tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli» (nuovo art. 147).
Per vedere superato il concetto di potestà (seppur genitoriale) bisogna attendere il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, che ha sostituito il concetto con quello di «responsabilità genitoriale» (art. 316 c.c.).
Le prime spinte in direzione di un riconoscimento del minore come soggetto di diritto (ancorché in un’ottica di “mera” tutela) si erano compiute in ambito internazionale.
Il primo passo si dà nel mondo del lavoro e risale al 1919, anno in cui la neonata Conferenza internazionale del lavoro stabilisce l’età minima di 14 anni per l’impiego nell’industria.
Cinque anni più tardi, nel 1924, l’Assemblea generale della Società delle nazioni adotta la Dichiarazione dei diritti del bambino, che mette nero su bianco alcuni princìpi cui gli Stati membri avrebbero dovuto ispirarsi in vista del benessere del fanciullo.
La Dichiarazione universale dei diritti umani, del 1948, parla solo marginalmente dei diritti di bambine e bambini quando all’articolo 25 stabilisce che «la maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure e assistenza». Allo stesso tempo però, stabilendo all’articolo 2 che tutti i diritti e le libertà enunciate nel documento spettano a ogni individuo, senza distinzione alcuna, include di fatto anche i minori.
Finalmente, nel 1959 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approva la Dichiarazione dei diritti del fanciullo, la quale afferma che quest’ultimo, «a causa della sua immaturità fisica e intellettuale, ha bisogno di una particolare protezione e di cure speciali, compresa una adeguata protezione giuridica, sia prima che dopo la nascita», riconoscendolo come titolare di diritti.
La svolta avviene però con la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia il 27 maggio 1991 con la legge n. 176 3: i minori vengono finalmente riconosciuti come soggetti attivi di diritto. All’articolo 12 si stabilisce infatti il diritto dei minori a essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano, e il corrispondente dovere, per gli adulti, di tenerne in adeguata considerazione le opinioni.
Ciononostante è ancora di là da venire un reale e completo esercizio di questi diritti, da un lato per ragioni legate all’effettivo grado di maturità del minore, dall’altro perché spesso e volentieri i genitori non riconoscono i figli come altro da sé e li trattano come loro appendici, come loro proprietà, come soggetti da indottrinare, prendendo decisioni sui loro corpi e sulle loro vite che si configurano come palesi violazioni dei loro diritti, da quello all’integrità fisica e mentale a quello alla privacy, passando per il diritto alla libertà di coscienza e religione.
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IL SOMMARIO DEL NUMERO
ICEBERG - tra natura e cultura
Telmo Pievani - Famiglie naturali?
Se esistesse uno schema immutabile di “famiglia naturale” dovremmo trovarlo universalmente presente sia in tutte le culture umane sia nel corso dell’intera storia della nostra specie, e invece sappiamo che non è così: fin dagli albori della vita sulla Terra sono stati sperimentati modelli assai eterogenei e contrastanti di famiglia e di non-famiglia, alcuni dei quali non molto edificanti se guardati attraverso la lente della sensibilità contemporanea, come per esempio sistemi morali che ritenevano legittimi l’infanticidio e la soppressione degli anziani. La natura è davvero una pessima guida in fatto di giudizi morali. Non detta norme né devianze. Ci confonde soltanto. Non sarebbe meglio smetterla di brandirla contro chi è diverso da noi?
Francesco Remotti - Le tante possibili risposte al bisogno di convivenza domestica
Le società umane non possono fare a meno di ritagliare al loro interno aree o luoghi di convivenza, di costruire – in modi vari, persino alternativi e opposti – aggregati domestici a cui conferire il termine generico di “famiglie”: qualunque sia la forma che esse assumono, le famiglie sono dunque risposte particolari alla domanda generale di convivenza.
Stefano Petrucciani - Non solo patriarcato. La famiglia dei filosofi tra eguaglianza e gerarchia
Dalla “Politica” di Aristotele all’“Origine della famiglia” di Engels (che segna una sorta di spartiacque, non muovendosi più su un terreno solo filosofico, ma avvalendosi anche delle prime ricerche antropologiche), passando per Hobbes, Locke, Rousseau, Hegel e Kant: viaggio nel concetto di famiglia nella famiglia dei filosofi.
IL SASSO NELLO STAGNO
Chiara Saraceno - Contro la famiglia? Dipende
La famiglia è stata spesso vista, soprattutto in Occidente, come fonte di ogni problema. Vari progetti politici (sia emancipatori sia totalitari) hanno cercato di superare, quando non di distruggere, questo istituto. Dopo tanta letteratura critica sul tema, forse l’unica cosa che della famiglia possiamo predicare con ragionevole certezza è la sua radicale ambiguità.
ICEBERG 2 - tra Stato e mercato
Emma Catherine Gainsforth - Le contraddizioni della cura e i rischi di un approccio neo-familista
Per contrastare i fenomeni di ri-privatizzazione della cura non basta rivendicare lo statuto etico di relazioni che dovrebbero essere sottratte al mercato. Mentre le relazioni di prossimità sono caratterizzate, o si auspica che lo siano, da amorevolezza, gratitudine, generosità, quelle pubbliche devono essere improntate a rispetto, solidarietà, giustizia. Perché la cura è una questione politica.
Salvatore Morelli - Un’eredità universale per contrastare la lotteria della nascita
Nel nostro Paese è aumentata considerevolmente l’importanza dei patrimoni ereditati e la loro concentrazione. È anche diminuita l’efficacia delle imposte su successioni e donazioni, già molto basse rispetto al contesto internazionale. Con il risultato che la probabilità che i figli abbiano una posizione socio-economica simile a quella dei propri genitori è molto alta. Ma se nessuna misura può annullare completamente il vantaggio di partenza, si può però ridurre questa disparità per rendere la ricchezza familiare meno determinante e diminuire le disuguaglianze di opportunità.
Pierfranco Pellizzetti - Familismo aziendale
Il tessuto industriale italiano è fatto di piccole e piccolissime imprese: un apparato produttivo circoscritto nei vincoli dimensionali e abbarbicato a nicchie di sopravvivenza, che rinuncia necessariamente a crescere e si cronicizza nel nanismo. Una dimensione in cui gioca un ruolo non secondario quell’atteggiamento familistico che tende a vincolare le strategie d’impresa alla preminenza attribuita al rapporto parentale.
Fabio Armao - In cerca dell’homo civicus. La società civile come nicchia di resistenza tra Stato e mercato
Date le comuni origini familistiche dello Stato moderno e del capitalismo, non c’è da sorprendersi del fatto che si sia rivelato quanto mai difficile, storicamente, costruire un senso condiviso di identità sociale. Con la conseguenza che si è in qualche modo ritornati alle origini con la ricerca di conforto in comunità quali la famiglia, l’etnia o persino nel settarismo religioso. La situazione si è però ulteriormente evoluta: quella che si sta diffondendo oggi a tutte le latitudini è una nuova versione, alquanto sofisticata, di “solidarietà clanica”. Pochi i nuclei di resistenza all’opera, pallidi simulacri di movimenti sociali, ma unico possibile antidoto alle affiliazioni claniche.
SAGGIO 1
Alessandra Dino - Famiglie di mafia
Fondamentale per la sopravvivenza del sodalizio criminale è il rapporto che esiste in Cosa nostra tra famiglia parentalee famiglia mafiosa. E cruciale, nel quotidiano mafioso, è il ruolo di mogli e figli, che occupano spesso una posizione “in bilico” tra appartenenza ed estraneità. Con i figli in particolare che possono diventare oggetto di ricatto per far ritrattare i padri divenuti collaboratori, ma possono anche rappresentare la molla del cambiamento.
ICEBERG 3 - genitori e figli: quali confini?
Ingrid Colanicchia - I vostri figli non vi appartengono
Nonostante sia ormai riconosciuto che il minore è un soggetto attivo di diritti, resta di là da venire un reale e completo esercizio di tali diritti, da un lato per ragioni legate all’effettivo grado di maturità del bambino, dall’altro perché spesso e volentieri i genitori non riconoscono i figli come altro da sé, prendendo decisioni sui loro corpi e sulle loro vite che si configurano come palesi violazioni dei loro diritti, da quello all’integrità fisica e mentale a quello alla privacy, passando per il diritto alla libertà di coscienza e religione.
Angela Ammirati - La scuola sempre più ostaggio delle famiglie
Da ormai qualche decennio assistiamo a un processo di depoliticizzazione della scuola e della figura dell’insegnante, processo che ha lasciato alla componente familiare spazi sempre maggiori all’interno del sistema. A scapito dell’autonomia del corpo docente, sempre più ostaggio di un modello aziendalistico della scuola in cui le famiglie, come se agissero in qualità di stakeholder, si percepiscono come utenti di un servizio che dev’essere erogato a fini carrieristici ai propri figli.
Angela Galloro - Homeschooling: quando l’educazione diventa un affare di famiglia
Nonostante sia ormai riconosciuto che il minore è un soggetto attivo di diritti, resta di là da venire un reale e completo esercizio di tali diritti, da un lato per ragioni legate all’effettivo grado di maturità del bambino, dall’altro perché spesso e volentieri i genitori non riconoscono i figli come altro da sé, prendendo decisioni sui loro corpi e sulle loro vite che si configurano come palesi violazioni dei loro diritti, da quello all’integrità fisica e mentale a quello alla privacy, passando per il diritto alla libertà di coscienza e religione.
Maria Concetta Tringali - La famiglia italiana: cenni di un’evoluzione normativa
Dal Codice civile del 1942 alla riforma Cartabia, passando per la riforma del diritto di famiglia del 1975, sono tanti i mutamenti che hanno interessato le leggi che nel nostro Paese disciplinano i rapporti familiari. Un’evoluzione normativa che – sostituendo alla patria potestà la responsabilità genitoriale e alla potestà maritale la parità tra i coniugi – si è progressivamente lasciata alle spalle norme e precetti improntati a disparità convenzionalmente accettate. E ancora oggi non del tutto superate.
SAGGIO 2
Federica D’Alessio - Violenza in famiglia il racconto che infrange il tabù
“Le cose che non si dicono, che non si raccontano, non succedono”. Proprio per questo bisogna raccontarle. Nella produzione letteraria, cinematografica e televisiva sono sempre di più le opere che, sfidando la legge non scritta dell’omertà familiare, raccontano la violenza sistematica che si produce all’interno dei nuclei domestici, una violenza di segno patriarcale, inflitta ai bambini e alle bambine, oltre che alle donne, quasi sempre dai padri, dai patrigni, dai fratelli, spesso nel silenzio delle donne adulte, in trappola in un ruolo che le vuole vittime e complici al tempo stesso.
NOSTRA PATRIA È IL MONDO INTERO
Fabrizio Tonello - Dynasty: quando la politica è una questione ereditaria
Gli Stati Uniti non hanno mai conosciuto il feudalesimo, ma sin dalla loro fondazione il panorama istituzionale è stato profondamente influenzato da alcune dinastie politiche. Dagli Adams di fine Settecento ai Bush dei decenni a cavallo del secondo millennio, passando per la sfortunatissima famiglia Kennedy, breve storia della politica Usa in chiave familiare.
Marco Zappa - Famiglia e potere in Giappone
Dalle aziende alla politica, i legami di sangue in Giappone rivestono (e hanno storicamente rivestito) un ruolo preminente. Da fenomeno storico e socio-economico, il concetto di famiglia è stato addirittura perfezionato in un modello etico e di comportamento, nonché in un efficace dispositivo di governo della società. E, nonostante le trasformazioni strutturali degli ultimi quarant’anni, esso rimane vischioso appiglio della retorica conservatrice.