In libreria un numero speciale di MicroMega, l'ultimo diretto da Paolo Flores d'Arcais
"Cultura della rivolta, quale futuro?" Il volume 5/2024 di MicroMega.
Cara lettrice, caro lettore,
come già sai, compiuti ottant’anni lo scorso luglio, Paolo Flores d’Arcais ha passato il testimone della direzione di MicroMega a Cinzia Sciuto, che ha assunto l’incarico a partire dal 1° settembre.
Per segnare questo passaggio importante sia nella storia della rivista sia nella vita culturale e politica del paese, lo scorso aprile abbiamo inviato la lettera che trovate qui di seguito alle tante persone – amici, collaboratori ma anche “antipatizzanti” – che hanno accompagnato più o meno da vicino la storia della rivista nei suoi primi 38 anni di vita, chiedendo loro di analizzare il ruolo che MicroMega ha svolto per l’insieme delle tematiche culturali e politiche affrontate. Ne è scaturito un numero speciale di 300 pagine, l’ultimo firmato da Paolo Flores d’Arcais, nel quale 70 personalità del mondo della cultura, della politica, della giustizia, dell’informazione raccontano il loro rapporto con la rivista, ripercorrendo contemporaneamente quasi quarant’anni di storia politica e culturale italiana. A chiudere il volume un lungo e appassionato commiato nel quale il fondatore e per trentotto anni direttore della rivista invita a continuare a sperare e a lottare.
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Ecco la lettera di Paolo Flores d’Arcais che apre il nuovo volume in libreria:
Care amiche, cari amici,
a luglio compirò ottant’anni e come avevo deciso già da molto tempo lascerò la responsabilità della rivista a Cinzia Sciuto, che lavora con me da oltre vent’anni e che, proprio per realizzare la transizione generazionale, oltre un anno fa ho nominato condirettrice. Una transizione che costituisce un momento cruciale affinché la vita di un’iniziativa di successo continui anche oltre chi l’ha fondata e per decenni diretta.
Dalla primavera del 1986, quando la rivista nacque, sono passati 38 anni e mezzo, quasi lo spazio di due generazioni. E più di una fase storica.
Nel 1986 il mondo sembrava geopoliticamente diviso in due, Occidente e paesi socialisti, sotto l’egemonia americana il primo e sotto quella della Russia sovietica il secondo. Il resto era “Terzo mondo”, luogo costante di scontro tra le due superpotenze, con la Cina sul punto di gigantesche e imprevedibili trasformazioni. Tutto sembrava assai solido.
Per unanime opinione MicroMega, che fin dall’inizio ha dato grande spazio ai dissidenti dei paesi “socialisti” (Cina e Cuba compresi), sembrava sostenere una posizione priva di realismo politico, una battaglia di testimonianza etica. Perché in pochissimi, e noi fra questi, avevano capito che con la nascita di Solidarność, e malgrado la durissima repressione, tutti gli schemi del dopoguerra erano definitivamente tramontati. Venne infatti il secondo ’89, una nuova epoca della storia mondiale.
Che non era la fine della storia, anzi. La democrazia senza più nemici, il capitalismo senza più alternative, erano ormai senza alibi. Non avrebbero più potuto nascondere contraddizioni, limiti, colpe. Poiché non c’era più il Male comunista, non potevano più invocare il merito di essere il male minore.
MicroMega si è caratterizzata per la critica dei “socialismi reali” sul piano internazionale, e – da sinistra, ereticamente – del comunismo e dei sindacati sul piano nazionale. Rivendicando e rinnovando l’eredità del Sessantotto, riallacciandosi a quella dell’azionismo di “Giustizia e libertà”.
Ha sviluppato una critica articolata della degenerazione della democrazia in partitocrazia, ha fatto della laicità un suo permanente cavallo di battaglia, ha accompagnato sul piano dell’informazione e dell’approfondimento la straordinaria e troppo breve stagione della giustizia eguale per tutti, con le inchieste della procura di Milano contro Tangentopoli e della procura di Palermo contro la mafia.
Pur avendo una posizione apertamente atea, ha dialogato costantemente con la Chiesa cattolica (oltre che con altre confessioni religiose) e con i suoi massimi esponenti, da Ratzinger a Martini, da Tettamanzi a Scola, da Herranz a Zuppi e a tantissimi altri, affrontando i temi più controversi.
MicroMega è stata una rivista anomala anche perché il suo impegno civile non è restato sulla carta. Ma, quando possibile, si è trasformato in prassi, in azione politica. Il momento cruciale è stato il 2002, l’anno dei girotondi, concluso con la gigantesca manifestazione del 14 settembre a Roma a piazza San Giovanni, anno lungo tutto il quale la rivista ha giocato un ruolo di primo piano.
Impegno pratico diretto che si è espresso anche nelle iniziative pubbliche contro le successive leggi-vergogna e leggi-bavaglio di Berlusconi, nella promozione di manifestazioni per il diritto all’eutanasia e su tanti altri temi egualitari e libertari, fino al sostegno convinto e senza tentennamenti alla resistenza (anche armata) degli ucraini contro la Russia di Putin e all’impegno accanto alle donne scese in piazza lo scorso 25 novembre contro i cascami di un patriarcato che ancora oggi continua a uccidere.
Con la pandemia e a maggior ragione con la stagione di guerra inaugurata dall’invasione di Putin in Ucraina e proseguita dalla bestiale strage di Hamas e dalla criminale politica di Netanyahu come risposta, le sfide per una rivista come questa – che nel frattempo è diventata indipendente suo malgrado, dopo una cacciata violenta dal gruppo editoriale di cui faceva parte: è andata vicinissimo alla chiusura e l’ha evitata solo grazie alla tenacia della redazione e all’affetto e alla vicinanza dei lettori – si moltiplicano. Si complicano i compiti e le responsabilità di un giornalismo culturale e intellettuale che continui a essere militante, in un’epoca in cui la militanza così come l’avevamo conosciuta e vissuta è scomparsa. Rinnovare la nostra storia e tradurla verso un domani che in questo tragico ’24 appare quanto mai buio, sarà il compito della redazione presente e futura e di tutto l’arco di persone, dagli autori ai lettori, che vorranno continuare a eleggerla come punto di riferimento.
Vorrei perciò concludere la mia direzione di MicroMega con un numero di “bilanci e prospettive”, nel quale alcuni amici e collaboratori, ma anche osservatori e perfino “antipatizzanti”, ciascuno secondo la sua sensibilità e i suoi interessi, analizzino il ruolo che la rivista ha svolto per l’insieme delle tematiche culturali e politiche affrontate (o privilegiandone qualcuna che sembrerà più rilevante), ricordando episodi personali, sottolineando meriti o tare della rivista, e tracciando quello che auspicano sia il suo ruolo nel prossimo futuro. Utilizzando l’occasione per una riflessione più generale sul tema, se si vuole, o concentrandosi su quanto fatto da MicroMega in proposito, se si preferisce. Spero di poter contare sulla partecipazione di ciascuno di voi, alla quale tengo davvero molto.
Un caro saluto,
Paolo
***
Nel volume in libreria troverete le risposte di: Valentina Alferj, Simona Argentieri, Corrado Augias, Gianni Barbacetto, Pierluigi Battista, Marco Benedetto, Alfonso Berardinelli, Paolo Berizzi, Massimo Cacciari, Mimmo Calopresti, Luciano Canfora, Marco Cappato, Lucio Caracciolo, Gian Carlo Caselli, Giorgio Cesarale, Piero Colaprico, Furio Colombo, Francesco e Giuditta Cordero, Pino Corrias, Marco Damilano, Piercamillo Davigo, Carlo De Benedetti, Ferruccio de Bortoli, Maurizio de Giovanni, Marco d’Eramo, Stefano Disegni, Beppino Englaro, Mattia Feltri, Maurizio Ferraris, Rino Formica, Giovanni Fornero, Massimiliano Fuksas, Carlo Galli, Ernesto Galli della Loggia, Alessandro Gilioli, Włodek Goldkorn, Miguel Gotor, Giovanni Grasso, Irena Grudzinska-Gross, Mark Lilla, Valerio Magrelli, Riccardo Mannelli, Dacia Maraini, Ezio Mauro, Giampiero Mughini, Gloria Origgi, Vincenzo Paglia, Francesco ‘Pancho’ Pardi, Valeria Parrella, Corrado Passera, Pierfranco Pellizzetti, Stefano Petrucciani, Telmo Pievani, Josep Ramoneda, Norma Rangeri, Claudio Sabelli Fioretti, Lucetta Scaraffia, Roberto Scarpinato, Cinzia Sciuto, Filippo Sensi, Michele Serra, Mario Sesti, Carlo Severi, Luca Tescaroli, Aldo Tortorella, Pere Vilanova, Gustavo Zagrebelsky, Luigi Zanda, Matteo Maria Zuppi.