Esce oggi "Sulle macerie della democrazia": il nuovo numero di MicroMega
In uscita il volume 4/2025 della rivista.
A un secolo di distanza dai funesti anni Venti, che videro il sorgere e l’affermarsi di fascismo e nazismo, in tutto il mondo il progetto democratico sperimenta una pressione sconosciuta dal secondo dopoguerra in avanti. La rielezione di Donald Trump negli Stati Uniti non è che il suggello ultimo di una tendenza di cui Putin, Netanyahu, Orbán, Milei e altri piccoli e grandi autocrati in giro per il mondo sono altrettante manifestazioni, ciascuna con le sue peculiarità. A questi vecchi e nuovi autoritarismi è dedicato il volume 4-2025 di MicroMega, da oggi disponibile in libreria e su abbonamento.
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IL SOMMARIO DEL VOLUME
Il contraccolpo autoritario. Il Prologo di Cinzia Sciuto
ICEBERG 1
anatomia degli autoritarismi
Vecchi e nuovi autoritarismi - Steven Forti
Stiamo vivendo quella che è stata definita la prima grande ondata de-democratizzatrice dalla fine della Seconda guerra mondiale. Ma come possiamo catalogare i regimi non democratici di questo XXI secolo? E quali caratteristiche peculiari vi si possono rintracciare rispetto a quelli del passato? Più subdoli da riconoscere, gli autoritarismi del terzo millennio non negano la democrazia: cercano, almeno retoricamente, di appropriarsene, ma al contempo smantellano definitivamente quel poco di essa ancora in piedi.
La fede e la spada. Il fattore religioso e i nuovi autoritarismi - Ilaria Valenzi
Si potrebbe pensare che le religioni poco o nulla abbiano a che fare con la svolta autoritaria che attraversa lo scenario politico globale. Ma dalla Russia di Putin agli Usa di Trump, passando per l’Israele di Netanyahu e per le teocrazie islamiche non si può non osservare che il fattore religioso funziona ora da strumento di facilitazione della svolta autoritaria, ora da suo fondamento ideologico.
Lo Stato-mafia: il volto nuovo dell’autoritarismo - Fabio Armao
Come un secolo fa, è in corso una nuova grande trasformazione, che ha conosciuto un’accelerazione impressionante con le ultime elezioni statunitensi, che sono andate a innestarsi, aggravandola, sulla crisi globale generata dall’aggressione russa all’Ucraina e dalla guerra a Gaza. L’odierno rischio di una svolta autoritaria non ricalca però appieno il modello novecentesco, ma tende a incarnare più il modello della “oikocrazia”, dove a contare è soprattutto l’appartenenza al clan.
Perché chi ha di meno vota per chi ha di più? Il paradosso del populismo di destra - Giorgia Serughetti
Sempre più spesso movimenti di ultradestra che fanno gli interessi dei super ricchi ottengono largo consenso anche dalle classi popolari. Dietro questi comportamenti ci sono davvero motivazioni economiche, o prevalgono fattori culturali, quali la difesa di un’identità nazionale, razziale, religiosa, sessuale o di genere? E ancora, in che modo la percezione di declassamento, e il risentimento che ne deriva, trovano soddisfazione nell’azione politica di forze e individui che, pur vantando una speciale vicinanza alle persone comuni, al “popolo”, riproducono di fatto la logica di governo neoliberale dell’economia e della cosa pubblica?
L’eterno ritorno della sinistra autoritaria - Vito Saccomandi
Con l’emergere del cosiddetto “momento populista” nella politica globale, alcuni tratti di una sinistra a vocazione autoritaria sono tornati a manifestarsi con una certa ricorrenza, anche all’interno di sistemi politici dell’Unione europea. In particolare in soggetti politici che, pur mantenendo una retorica incentrata sul welfare e sulla giustizia sociale, tendono a svuotare di contenuto l’autonomia del soggetto, subordinando la libertà individuale a una supposta protezione statuale e anteponendo il posizionamento geopolitico (di norma antioccidentale) a qualunque considerazione in termini di giustizia e libertà.
La fabbrica del soft power - Ingrid Colanicchia
Dal memorandum Powell del 1971 al Project 2025 della Heritage Foundation, passando per think tank ungheresi e italiani, breve excursus sulle istituzioni private, con legami più o meno evidenti con le autocrazie oggi al potere, che da anni lavorano per influenzare politica e opinione pubblica. Un’operazione di soft power condotta a tutto campo – e facendo rete – dalle forze conservatrici al di là e al di qua dell’Oceano.
IL SASSO NELLO STAGNO
Critica della ragione geopolitica - Francesco Brusa
Negli ultimi tempi è tornata molto di moda la lettura geopolitica della realtà internazionale, interpretata esclusivamente in termini di dinamiche di potenze e “pedine” che si muovono secondo determinate logiche sullo “scacchiere” internazionale. Una lettura che si presenta come “oggettiva” e neutrale” ma che in realtà lascia fuori molto, dalle dinamiche sociali alle diverse correnti di pensiero e azione in seno alla cittadinanza, passando per i differenti orientamenti che si agitano nelle dirigenze degli Stati stessi. Un approccio che ha contaminato anche il pensiero di sinistra, che nella geografia e nella politica, più che un destino o delle teorie, dovrebbe vedere un campo di pratiche possibili.
ICEBERG 2
oppressioni e resistenze
La via trumpiana all’autoritarismo - Elisabetta Grande
Quella in atto negli Usa è una trasformazione che minaccia due dei cardini della democrazia statunitense per come l’abbiamo conosciuta finora. Il primo è relativo alla struttura costituzionale e alla separazione dei poteri, sistematicamente attaccati da Trump. Il secondo riguarda il cosiddetto capitalismo “dal volto umano”, che dai tempi di Franklin Delano Roosevelt in poi ha cercato di temperare la ferocia di un capitalismo senza ridistribuzione di ricchezze e senza freni all’avidità del capitale, che oggi torna invece più spietato che mai. Su entrambi i fronti la seconda presidenza Trump rischia di lasciare dietro di sé solo macerie.
Make America think again. Organizzare la resistenza negli Usa di Trump - Martino Mazzonis
Dal tour di Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez alle manifestazioni di piazza della scorsa primavera, passando per le numerose proteste universitarie, gli Stati Uniti sono attraversati da una forte mobilitazione contro l’amministrazione Trump. Una mobilitazione che, senza sottovalutare i concreti e reali pericoli per la democrazia, mette però l’accento su tutte quelle questioni – salari, servizi, casa – in grado di smuovere anche chi non è politicizzato. Trump d’altronde è lì che ha vinto ed è lì che bisogna incalzarlo.
Il mito immortale della Grande Russia - Giovanni Savino
Il mito della “Grande Russia” costruito nell’èra putiniana rappresenta una sofisticata operazione di ingegneria simbolica fondata sulla rivendicazione di una continuità storica artificiale. Attraverso questa chiave interpretativa, zarismo e socialismo reale cessano di essere sistemi ideologicamente opposti per diventare capitoli successivi di un’unica epopea nazionale caratterizzata dalla resistenza alle minacce esterne e dalla graduale costruzione della potenza russa, di cui l’invasione dell’Ucraina è l’ultima tappa.
L’altra Russia. Opporsi al regime di Putin - Giulia De Florio
Dal secondo mandato presidenziale di Vladimir Putin – che mostra le prime crepe del sistema – alle proteste che, in varie forme e spesso dall’estero, i cittadini russi continuano a mettere in piedi oggi, passando per una serie di figure centrali del dissenso russo (Boris Nemcov e Aleksej Naval’nyj su tutte), quella che emerge da questa dettagliata ricostruzione è una società che non ha mai smesso di lottare contro la deriva autoritaria imposta al paese.
Ucraina, prima linea della lotta globale all’autoritarismo - Hanna Perekhoda
Ripercorrendo nel tempo e nello spazio le forme della resistenza ucraina emerge con chiarezza che la mobilitazione attuale affonda le sue radici in precedenti atti di contestazione sociale e politica, in particolare le proteste di Majdan. L’invasione russa su vasta scala iniziata nel 2022 ha chiarito – ma non creato – la posta in gioco. Quella che si sta combattendo su suolo ucraino non è solo una guerra per la democrazia e la libertà di Kyïv. È il fronte esterno di un’unica lotta globale contro l’autoritarismo.
Israele: l’unica democrazia del Medio Oriente? - Anna Foa
Quelli che, anche senza essere schierati con il governo di Netanyahu, credono che l’esistenza stessa di Israele sia in pericolo e sono preoccupati per l’antisemitismo crescente, continuano a proclamare a gran voce che Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente. Ma è davvero così, oggi? Ed è stato davvero così lungo i 77 anni che ci separano dalla sua nascita? Fra leggi discriminatorie e scelte politiche altamente discutibili, è difficile oggi definire Israele una democrazia piena, o almeno una democrazia liberale.
Resistere alla disumanizzazione - Widad Tamimi
Il 7 ottobre ha messo in luce un aspetto dirompente del conflitto israelo-palestinese: l’escalation di violenza e di disumanità che ha, anno dopo anno, alzato la soglia di tolleranza. Non si tratta di processi che si compiono dall’oggi al domani. Ci vogliono anni, decenni, generazioni, per arrivare a negare l’umanità dell’altro. Alla fine, sia chi subisce gli effetti di questa trasformazione sia chi la agisce finisce per deumanizzarsi. Per questo, oggi, il vero e più profondo significato della nostra resistenza è quello di resistere innanzitutto alla disumanizzazione, nostra e dell’altro, resistere al richiamo istintivo della vendetta. Per non perdere tutto ciò che ci resta: l’umanità.
Il caso cinese. Quando il partito si fa Stato - Lorenzo Lamperti
La democrazia liberale, un tempo modello da emulare, oggi viene rappresentata dai media di Stato cinesi come un sistema fallimentare e disfunzionale. Il Partito comunista cinese si presenta come baluardo di un ordine sociale fondato sulla coesione e l’armonia, valori a cui vengono sacrificati la libertà di espressione e il pluralismo politico. A differenza dei regimi totalitari del Novecento, il controllo sociale in Cina viene però portato avanti in modo più morbido e talvolta subdolo, cercando di convogliare il malcontento popolare su precisi soggetti in modo da mantenere indenne il sistema. Un meccanismo che mostra una straordinaria capacità di adattamento ai tempi che cambiano.
Disobbedire nell’Italia meloniana - Elena Colonna e Mosè Vernetti
Il decreto Sicurezza è legge e questo significa che il paese ha cambiato volto, imboccando una deriva autoritaria e da Stato di polizia. È ancora presto per coglierne appieno le ripercussioni, ma gli attivisti già ragionano su come cambiare la strategia di lotta e immaginare nuovi modi di disobbedire per portare avanti le proprie istanze.
SAGGIO
Diritto o barbarie - Cinzia Sciuto
A partire dal primo ventennio del XXI secolo assistiamo a una continua erosione del diritto internazionale, di cui manifestazioni ultime sono l’aggressione russa all’Ucraina e la guerra condotta da Israele a Gaza. Dopo aver constatato le promesse mancate del diritto internazionale e la sua strutturale impotenza, la conclusione apparentemente più coerente sembrerebbe quella di un rassegnato disincanto: il diritto internazionale non funziona, dunque è inutile perseguirne il rafforzamento. Ma questa è una fallacia logica, prima ancora che una sconfitta politica.