Cinema e romanzo, la rivoluzione di Riccardo Tozzi
Acquista MicroMega 4/2023, “Cinema è letteratura”
Riccardo Tozzi, che ha iniziato in Rai vendendo all’estero Padre padrone dei fratelli Taviani e L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi, è stato il primo produttore, in Italia, a credere con convinzione che avere in mano i libri ancor prima che vadano in libreria, allo scopo di acquisirne i diritti per fare dei film, fosse importante e decisivo. Fonda nel 1997 dopo una lunga esperienza in Mediaset, la sua casa di produzione: Cattleya. È il nome della orchidea cara alla Recherche di Proust e alla sua simbologia erotica e affettiva, ed è già un programma. Oggi è la più grande casa di produzione in Italia ed è stata responsabile delle due serie tratte da libri (Romanzo criminale di Giancarlo De Cataldo e Gomorra di Roberto Saviano) che hanno cambiato i connotati non solo delle strategie produttive (facendo della pay tv un interlocutore autorevole nel mondo della serialità), ma anche delle forme, del linguaggio e delle ambizioni dell’industria culturale legata all’audiovisivo.
Tozzi è stato anche il primo a credere che la produzione cinematografica e seriale dovessero servirsi di comparti editoriali (di lettori specializzati in grado di valutare le sceneggiature, seguirne lo sviluppo, suggerire correzioni e indirizzi) secondo una divisione del lavoro tipica dell’editoria vera e propria.
Tra film prodotti Cattleya ci sono alcune delle più felici trasposizioni di romanzi al cinema delle più recenti stagioni: Io non ho paura di Gabriele Salvatores da Nicolò Ammaniti, Non ti muovere di Sergio Castellitto da Margaret Mazzantini, La bestia nel cuore di Cristina Comencini da un suo libro, Mio fratello è figlio unico di Daniele Luchetti da Antonio Pennacchi, Il primo uomo di Gianni Amelio da Albert Camus. Quella che segue è una specie di polaroid con la quale Tozzi ha realizzato, in forma scritta, una istantanea del proprio percorso professionale e creativo. (m.s.)
Ho creato Cattleya nel 1997. Prima mi ero occupato di cinema e fiction in Rai (con due grandi maestri, Sergio Silva e Paolo Valmarana) ed ero stato capo della fiction di Mediaset. In quel momento il cinema italiano era al suo minimo storico mentre gli sceneggiati della tv generalista (nome più giusto del terribile “fiction”) cominciavano ad andare molto forte. Lasciai Mediaset con l’idea di fare film. Chi mi conosceva era certo che stessi facendo una fesseria. Pensavo tre cose. I film italiani erano deboli per mancanza di densità narrativa. Raccontavano poco. Il sistema produttivo era fragile e i produttori o erano vecchio stile o erano deboli, e nel complesso non avevano la forza e l’autorità per mediare fra autori e pubblico. Le società di produzione avevano poco potere perché prive di capitali ed erano dominate da distributori e televisioni. […]