Azzariti: L'Autonomia Differenziata contro la Costituzione
Un estratto dal volume 1/2024 di MicroMega in tutte le librerie. Il 17 febbraio, presentazione a Palermo alle Nuove Officine Zisa.
Anticipiamo un breve brano del testo di Gaetano Azzariti pubblicato su MicroMega 1/2024. Il 17 febbraio avrà luogo la prima presentazione di questo numero, alle Nuove Officine Zisa di Palermo, in collaborazione con il Laboratorio per la difesa e attuazione della Costituzione. Altre presentazioni del volume sono in fase di organizzazione. Se sei una libreria o un’associazione e vuoi organizzare una presentazione nella tua città, scrivi a redazione@micromega.net.
L’Autonomia differenziata contro la Costituzione
di Gaetano Azzariti
Negli ultimi tempi, i fautori del progetto di autonomia differenziata cui fa capo il disegno di legge Calderoli, che sta vedendo un’ampia mobilitazione contraria di cittadini e associazioni, per difendere la loro “creatura” affermano che essa non farebbe altro, in realtà, che dare attuazione alla Costituzione (all’articolo 116, comma 3). E che, dunque, gli allarmi di “stravolgimento” della stessa sarebbero infondati. Per alcuni le obiezioni e i timori rivolti al progetto dell’attuale maggioranza sarebbero la prova di un’opposizione prevenuta, soprattutto se le critiche sono promosse da chi ha sempre sostenuto la necessità di dare una attuazione rigorosa ai princìpi costituzionali. Ma come – si dice – una volta che finalmente diamo seguito alle disposizioni della Costituzione, i costituzionalisti protestano?
Se si considera però la realtà dei fatti, le intenzioni espresse e gli atti già compiuti, in base al principio di realtà ci si rende conto che l’eventuale realizzazione del progetto di autonomia differenziata per come concepito, e per come sta prendendo forma, produrrebbe un grave vulnus negli equilibri costituzionali complessivi. Pertanto, non solo non può essere considerata una riforma d’attuazione della Costituzione, ma deve denunciarsi il suo carattere sostanzialmente contra constitutionem.
Infatti, mentre il nostro sistema costituzionale configura un modello di regionalismo di stampo propriamente “solidale”, il modello proposto per realizzare l’autonomia differenziata, nonché in concreto configurata dalle richieste delle regioni interessate, opera entro una logica rigorosamente “competitiva” o, per meglio dire, di mera appropriazione delle funzioni da parte dei territori economicamente più forti. Senza nessuna attenzione agli assetti e degli equilibri complessivi, senza alcuna solidarietà di popolo.
Ne è riprova la richiesta della Regione Veneto di ottenere tutte le possibili materie di devoluzione, nessuna esclusa. Senza, dunque, una valutazione di effettiva e concreta conformità. Senza l’applicazione di quei princìpi – espressamente previsti dall’articolo 118 della Costituzione – di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza che legittimano sul piano costituzionale l’attribuzione di funzioni amministrative alle regioni, oltreché ai comuni, alle province, alle città metropolitane.
Una richiesta motivata, in realtà, da mera volontà di appropriazione delle risorse dettata dalla aspirazione a una gestione diretta dei servizi pubblici essenziali. Non sono i diritti a dover essere assicurati, ma sono le funzioni a dover essere trasferite. Un passaggio dettato da una “volontà di potenza”, ovvero finalizzato a potenziare i poteri locali, prima ancora che a tutelare le popolazioni. Se questo è il contesto storico, teorico e sistematico, mi sembra giusto e conseguente formulare il seguente giudizio critico: v’è il fondato rischio di un’attuazione dell’autonomia differenziata che operi in violazione dei princìpi supremi e inviolabili della nostra Costituzione.
[…]
Il modello “appropriativo” delle intese
Se si leggono in questa prospettiva le proposte dell’attuale maggioranza (ma in realtà anche quelle dei governi precedenti) si evidenzia senza ombra di dubbio la distanza tra la solidarietà che sorregge il concetto di autonomia individuato in Costituzione e le logiche competitive e di natura brutalmente “appropriativa” che si stanno cercando ora di imporre nei rapporti tra le regioni e lo Stato centrale. Qualcuno ha scritto che si sta preparando una vera e propria “secessione” dei ricchi. Se anche si volesse essere più cauti, non si può comunque negare che sia la volontà di appropriazione sfrenata ed egoistica dei poteri e di tutte le competenze possibili a legare e spiegare la richiesta delle regioni. La riprova è nelle preintese siglate nel 2018 tra queste ultime e il governo Gentiloni. Nessuna analisi delle materie trasferite, ma solo una shopping list tra tutte le 23 materie indicate nel comma 3 dell’articolo 116, nessuna esclusa. Ciascuna regione ha potuto scegliere le proprie tante o poche materie di competenza per assicurarsi «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia», senza alcun onere di motivazione o considerazione degli effetti di sistema che si sarebbero prodotti sugli altri territori. Scelte, dunque, non certo derivate dalle reali specifiche esigenze di differenziazione del territorio; sorrette, invece, solo dalla volontà da parte delle regioni di impossessarsi di quanto più potere, funzioni e gestione di interessi possibile, senza tenere in nessun conto le necessità delle altre parti del territorio nazionale e dei diritti delle persone altrove residenti. Un modello, dunque, che sconta una diseguaglianza nei territori, ciascuno artefice del proprio destino e dell’efficienza dei servizi forniti per garantire i diritti fondamentali esclusivamente agli abitanti del proprio territorio (non solo in materia di sanità, scuola, lavoro, ma in relazione a tutti i diritti coinvolti in qualche modo nei trasferimenti richiesti). Con una torsione che porterebbe persino a discriminare tra le persone nell’ambito del proprio territorio, come dimostrano le proposte – per fortuna bloccate, finora, dalla Consulta – di riservare ai soli residenti pluriennali l’accesso ai servizi pubblici locali, con palese violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione.
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IL SOMMARIO DEL NUMERO
La linea generale
Paolo Flores D’Arcais – La filigrana della Costituzione: ora e sempre Resistenza
La Costituzione ha tratto origine dal fatto storico della Resistenza antifascista, in armi e vittoriosa: lì risiede la sua fondazione, nonché la trama dell’intero testo. Ma fin dall’inizio, la “costituzione materiale” si è contrapposta alla Carta: l’apparato dello Stato, ai suoi vari livelli istituzionali, è rimasto sostanzialmente lo stesso del Ventennio fascista. La storia della Repubblica italiana è dunque anche la storia della disapplicazione della Costituzione.
Paolo Berizzi – Il DNA antifascista della Costituzione
La nostra Costituzione nasce dall’antifascismo come lotta e come valore. In tutti questi anni, la persistenza di gruppi neofascisti nel tessuto sociale e politico italiano è stata sottovalutata, tanto che oggi questi movimenti, oltre a vivere nella dimensione sociale, si sono potuti integrare nel Palazzo influenzando la politica a livello sia locale sia nazionale. Siamo di fronte al pericolo di una nuova torsione fascista e dobbiamo stare tutti in allarme.
Gustavo Zagrebelsky – Identità e responsabilità: il significato costituzionale dell’essere italiani
Se si guarda all’identità italiana con la lente della Costituzione, allora non si potrà che porre l’accento sulla responsabilità civica e sui valori fondamentali di Repubblica, democrazia e lavoro. Contro la visione mediocre dell’italianità ridotta a stereotipi che non sono più buoni neanche per il marketing. Essere italiani significa innanzitutto essere antifascisti e partecipare attivamente, e in chiave solidaristica, alla vita del Paese.
Roberto Scarpinato – La Costituzione e i suoi nemici
La Costituzione disegnava un’Italia ideale, proiettata nel futuro, diversa da quella che usciva ammaccata dal fascismo e soprattutto diversa da quella che avevano in mente i grandi potentati, che fin dal primo momento non hanno smesso di sabotarla attraverso una costante strategia della tensione, fatta di stragi e depistaggi. Da Portella della Ginestra fino ad arrivare ai tentativi meno cruenti, ma non meno infidi, di smontarla dall’interno del Palazzo, con la scusa della governabilità. Anche oggi, come allora, è un tempo di resistenza, per difendere le acquisizioni dell’antifascismo e un’idea di società opposta a quella delle élite.
Iceberg 1: princìpi fondamentali
Pierfranco Pellizzetti – Fondata sul lavoro
Il presidio di democrazia fondamentale rappresentato dal lavoro, l’abbrivio della nostra Costituzione, dipende innanzitutto dalla sua dimensione conflittuale e di classe: contrastare, mettendosi al centro dei processi produttivi, la tendenza padronale a passare dall’egemonia al dominio; la sua intrinseca avidità, che tende alla mercificazione sistematica e all’accumulazione per esproprio, e che persegue il fine, per la via finanziaria e per quella tecnologica, di poter fare a meno dei lavoratori. E se vengono a mancare i lavoratori, viene a mancare la democrazia.
Marilisa D’Amico – Donne e uomini dall’Assemblea costituente alle sfide di oggi
Le madri costituenti ebbero un ruolo fondamentale nel far sì che la Carta costituzionale non riflettesse i pregiudizi patriarcali della classe politica del tempo (molti dei quali ancora vigenti). La parità di genere era esplicitamente nei loro orizzonti, anche se la strada per ottenerla pienamente nel nostro Paese è ancora molto lunga e passa anche da come saranno affrontate le sfide dell’innovazione.
Telmo Pievani – Nemici della scienza, nemici della democrazia
La difesa dell’ambiente come dovere costituzionale, innanzitutto verso le future generazioni, è una delle novità introdotte da poco nella nostra Carta, che parla della necessità di un intervento urgente, coraggioso, in direzione ecologica. Le classi dirigenti e il dibattito pubblico sono molto al di qua di questo orizzonte lungimirante, e a farne le spese è la qualità della democrazia. Che si nutre anche del confronto delle idee nel campo scientifico, purché sia un confronto impostato secondo il metodo della scienza, non quello della demagogia ignorante e chiacchierona dei talk show.
Iceberg 2: diritti e doveri dei cittadini
Norma Rangeri – Libertà e pluralità dell’informazione
La Costituzione italiana si distaccava profondamente dal Ventennio fascista quando con l’articolo 21 proclamava il diritto di libera manifestazione del pensiero. Ma i poteri politici ed economici e le concentrazioni degli stessi nelle mani di oligopoli o monopoli di fatto hanno reso sempre molto difficile garantire una concreta pratica di questo diritto, specialmente per quanto riguarda il giornalismo. Con conseguenze dirette e drammatiche per la salute della società democratica.
Silvio Grattini – Per una Sanità pubblica secondo Costituzione
Le disuguaglianze sociali, ma anche di genere e generazionali, sono sempre esistite nella sanità italiana, che è ben lungi dal realizzare il diritto fondamentale alla salute per tutti sancito dalla nostra Carta fondamentale. Le opportunità per migliorare sono tante, ma occorre con urgenza che la salute sia sottratta alle logiche del profitto e ricondotta a quelle dell’interesse pubblico della società democratica.
Marina Boscaino – Scuola, un sogno democratico sempre più a rischio
Dalla visione di Piero Calamandrei alla realtà di oggi, in questi decenni di vita democratica la scuola è passata da momenti altissimi di progettazione pedagogica innovativa e innervata di spirito civico (e costituzionale), fino alla svendita totale ai diktat del capitale che ci vuole tutti sorvegliati consumatori e disciplinati lavoratori. Un pervertimento che troverà pieno compimento con l’autonomia differenziata, e che dobbiamo fermare a tutti i costi.
Matteo Losana – Riforma fiscale: la solidarietà svilita
Secondo la Costituzione italiana il principio tributario non rappresenta un mero rapporto fra il singolo individuo contribuente e lo Stato, bensì costruisce un legame di comunità, è il rapporto di ogni cittadino con tutti gli altri in cui ciascuno, in ottica solidaristica, concorre al “pieno sviluppo della persona umana”. Una visione distante anni luce da quella, svilente e antisociale, del “pizzo di Stato”.
Iceberg 3: ordinamento della Repubblica
Ines Ciolli – Il presidente del consiglio: “primus inter pares”
La Carta costituzionale non rifiuta la leadership esercitata dalla figura del presidente del Consiglio, ma la riconduce a una raffinata capacità di rapporto fra elementi in seno al governo, fra il governo e la sua maggioranza parlamentare, e infine fra i partiti e la società civile. Al centro c’è la politica come movimento dal basso verso l’alto, capacità di tessitura fra i rappresentanti e di costante relazione con i rappresentati ai quali si chiede partecipazione attiva, non un passivo atto di identificazione o fede verso un capo carismatico. [Per un errore nell’edizione cartacea della rivista nel titolo compare la parola “primum” anziché “primus”. Ce ne scusiamo con l’autrice e con i lettori]
Luca Tescaroli – Indipendenza dei magistrati sotto attacco
La separazione dei poteri e l’indipendenza di quello giudiziario da quello politico, attraverso un delicato equilibrio di assegnazione delle funzioni, è un caposaldo dell’ordinamento costituzionale democratico italiano. I tentativi di intervenire su tale indipendenza sono costanti, e negli ultimi anni si sono moltiplicati. Vanno in questo senso anche le diverse proposte di riforma sulla separazione delle carriere fra magistrati e giudici.
Gaetano Azzariti – Il regionalismo da realizzare e quello da impedire
La Costituzione italiana prevede forme di regionalismo, che sono però ben diverse da quelle che vorrebbe impiantare il disegno di legge sull’autonomia differenziata. Il regionalismo auspicato dalla nostra Carta è di stampo solidale: mette al centro, cioè, non la suddivisione delle funzioni, bensì l’inviolabilità e l’universalità dei diritti. È da questo che discende la distribuzione dei poteri, non viceversa come vorrebbero, invece, i fautori della “secessione dei ricchi”.
Mario Barbati – Governo Meloni: un anno di diritti negati
Lo smantellamento della democrazia sostanziale in Italia è l’effetto di un percorso lungo e trasversale; su ogni diritto garantito dalla Costituzione, il governo Meloni sta proseguendo un’opera di negazione già avviata dai governi di centro-destra, centro-sinistra o tecnici precedenti. Ma il primo anno di Fratelli d’Italia alla presidenza del Consiglio ha peggiorato la situazione, fino ad arrivare alla mostruosa idea del premierato che rischia di distruggere definitivamente la democrazia parlamentare in Italia.
fuorisacco
Sette lettere inedite di Norberto Bobbio
Il grande filosofo e giurista scomparso esattamente vent’anni fa ha intrattenuto con il direttore di MicroMega un lungo carteggio in cui rifletteva sui travagli della sinistra negli anni successivi alla svolta della Bolognina.